Forse dire che Papa Francesco ha avuto un rapporto particolare la Sicilia è azzardato, quanto più perché il pontefice non ha espresso – ci mancherebbe – una preferenza personale, ma è vero e innegabile che per quanto si possa discutere della sua figura, in bilico spesso tra visioni incredibilmente progressiste e uscite infelici, come quelle su aborto e omosessuali, è sull’Isola che ha mostrato il suo lato migliore, quello per cui è stato universalmente riconosciuto e che ha caratterizzato il suo mandato: la sua attenzione nei confronti degli ultimi. A Palermo Francesco si è seduto a mangiare insieme alle persone ai margini della società ospitati dalla missione Speranza e Carità di Biagio Conte e sempre nel capoluogo di regione ha visitato la periferia più estrema, Brancaccio, sulle orme di padre Pino Puglisi nel 2018.
«Il Papa è venuto come pellegrino a incontrare il popolo di Brancaccio, ma soprattutto per andare a fare visita in quei luoghi dove padre Pino ha vissuto – racconta a MeridioNews Maurizio Artale, direttore del centro Padre Nostro, che cerca di tenere viva l’eredità del beato morto per mano mafiosa – Si è fermato a pregare sul luogo del martirio, dove padre Puglisi è caduto, poi è salito a visitare la sua casa. Quando si è seduto sulla sedia di finta pelle che fu di Puglisi, ha avuto un grande momento di emozione, era quasi timoroso di sedersi, come se quel posto avesse una sua sacralità. Ci ha colpito la sua umiltà. Quella pacatezza, quella serenità, quella condivisione: quando si è fermato sul luogo dell’omicidio a pregare, per me è come se avesse preso padre Puglisi per mano e lo avesse ricondotto a casa sua. Questo lo porto nel cuore».
E poi c’è anche un aneddoto tanto divertente quanto umano. «Quelli del palazzo dove abitava padre Puglisi volevano tutti vedere il Papa, ma non era possibile, era vietato per motivi di sicurezza – prosegue Artale – Gli avevo detto che neanche noi lo avremmo incontrato, che sarebbe salito insieme al vescovo. “Ma non possiamo neanche aprire la porta e vederlo passare?”, mi hanno chiesto, gli ho risposto che avrebbero potuto vederlo dalla finestra, ma loro hanno insistito: “Ma come, il Papa viene a casa nostra e noi non lo dobbiamo vedere neanche passare?”. Allora gli abbiamo concesso di aprire la porta, ma senza uscire sulle scale. E quando il Papa è arrivato loro erano una trentina di persone ammassate uno sull’altro in un corridoio. Il Papa si è fermato a salutarli e il vescovo Lorefice ha fatto una battuta in siciliano: “La casa cape quantu voli u patruni” e lì anche il Papa si è fatto una bella risata, anche se non so se abbia capito il senso del proverbio».
Papa Francesco è stato anche il pontefice dei migranti, unico tra i cosiddetti grandi della Terra ad avere una posizione sempre netta e sempre dalla parte delle organizzazioni non governative che salvano vite nel Mediterraneo. E tante volte questo è stato oggetto di discussione, tanto in Sicilia quanto in Vaticano. Francesco è stato il papa che a bordo di una barca ha gettato in mare una corona e ha pregato per le vittime in occasione del terribile naufragio del 3 ottobre del 2013, dove persero la vita 368 migranti.
«Sicuramente ci lascia speranza – dice Sheila Melosu, capomissione di Mediterranea Saving Humans – Prima che arrivasse lui e che ci incontrassimo non avevamo neanche mai sperato che un papa, che la Chiesa, potesse schierarsi in maniera così netta sia in difesa dei diritti delle presone più fragili, sia in nostra difesa, di chi fa questo di lavoro, di chi ha scelto di essere dove altri vorrebbero che non fossimo. Da ieri forse possiamo sentirci un po’ più soli, ma quello che ho imparato dalla persona che ha aperto per noi il canale con Papa Francesco, don Mattia, il nostro cappellano di Bordo, è che sì, è morto, ma il suo sogno di cura e di rispetto delle persone più fragili, che vivono ai margini della società, rimarrà con noi».
«L’ho incontrato nel 2019 – prosegue l’attivista – quando ha voluto incontrarci perché era curioso di capire che persone eravamo, perché avevamo fatto questa scelta di vita e soprattutto cosa potesse fare lui per aiutarci, percHé non sapeva più come rispondere a questa crescente violenza e violazione dei diritti umani. È stato uno dei pochi potenti della Terra che aveva voglia di parlare con noi. Un’altra cosa bellissima, molto emozionante, è stata quella di avere a che fare con un uomo umile, semplice nella propria grandezza, disposto al confronto con noi: si è seduto accanto a noi, in cerchio, tutti uguali, a parlare di un argomento che era emotivamente provante anche per lui».
Un pensiero condiviso anche da Alessandra Sciurba, docente universitaria, ex presidente di Mediterranea, adesso impegnata nel progetto della flotta civile Arci Tom – Tutti gli occhi sul Mediterraneo. «Quando sei in mare, ogni volta si ha la sensazione che il mondo si capovolgesse – spiega – sei lì, con imbarcazioni della società civile, a cercare di rispettare i diritti e tutto intorno a te hai governi, istituzioni, che in teoria dovrebbero essere i primi preposti a tutelare la vita delle persone, il diritto e i diritti e invece continuano a calpestarli. Papa Francesco era l’unica voce che rimetteva dritto il mondo, l’unico grande, l’unico potente che ha detto quello che andava detto, che ci si salva solo insieme e quando si lascia annegare qualcuno in quel mare annega tutta la nostra umanità. Senza di lui, è banale a dirsi, siamo più soli e anche più spaventati: la sensazione che fosse un argine al male era sempre presente e credo che non sapremo mai da quante cose questo Papa ci stava difendendo. Su molti temi non mi sono trovata completamente d’accordo, ma cosa sarebbe stato senza di lui è veramente difficile da immaginare».
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