Morte di Rizzuto, la denuncia del deputato Dipasquale «Aveva i sintomi, ritardi inaccettabili per il tampone»

«Un dramma nel dramma». È così che il deputato regionale Emanuele Dipasquale descrive a MeridioNews quello che ci sarebbe dietro la morte di Calogero Rizzuto, il direttore del Parco archeologico di Siracusa deceduto questa mattina all’ospedale Umberto I di Siracusa dopo essere risultato positivo al coronavirus. Il parlamentare dell’Ars, da anni amico dell’architetto Rizzuto, lo scorso 14 marzo aveva presentato un esposto in procura. Nel documento c’è la ricostruzione dei fatti a partire dal 9 marzo, il giorno in cui a Rizzuto viene fatto il tampone su indicazione del medico di famiglia perché, già da una settimana, aveva febbre e tosse. «Sono stato un testimone oculare di tutto quello che è accaduto, fino a oggi quella lettera l’ho tenuta per me – spiega Dipasquale – Adesso ho deciso di renderla pubblica per provare a fare in modo che una cosa del genere non accada più a nessun altro». 

Nella denuncia fatta dal deputato si parla di «ritardi gravi che hanno messo in discussione non solo la vita di Calogero ma di tutte le persone con cui è entrato in contatto». Stando alla ricostruzione inviata al prefetto, il 10 marzo (il giorno dopo il tampone) è la moglie di Rizzuto a contattare Dipasquale perché non aveva ancora ricevuto il risultato. «A quel punto, sono io a contattare il direttore dell’Asp di Siracusa Salvatore Lucio Ficarra che però alle 19.34 mi risponde che l’esito non era ancora arrivato». 

L’indomani mattina è Ficarra a inoltrare a Dipasquale un messaggio Whatsapp del Policlinico di Catania «nel quale si attesta l’assenza di notizie sull’esito del tampone». Intanto, le condizioni di salute dell’ex Soprintendente di Ragusa peggiorano «e la moglie e io – continua il deputato – cominciamo a preoccuparci più seriamente. Così scrivo di nuovo al dottor Ficarra per ribadire che non possiamo aspettare l’esito del tampone». In mattinata è l’Asp di Siracusa a contattare la moglie di Rizzuto per rifare il tampone

«Calogero era già stremato – racconta Dipasquale – La moglie, dopo avere cercato invano un’ambulanza, ha abbassato il sedile della sua macchina per portarlo in ospedale». Fatto il tampone, Rizzuto viene rimandato a casa in attesa dei nuovi risultati. «L’indomani mattina, il 12 marzo, ho ricontattato il direttore dell’Asp per sentirmi ancora rispondere che non c’erano notizie e che, se avessi voluto, avrei potuto contattare direttamente il Policlinico di Catania». Stando a quanto ricostruito, così fa e a quel punto «il referente del Policlinico scrive che il tampone non andava fatto secondo le direttive ministeriali, poiché dalla scheda non risultavano indicazioni di rischio».

In realtà, Rizzuto aveva già dichiarato di avere avuto a fine febbraio un incontro di lavoro con una delegazione coreana; poi erano arrivate la tosse e la febbre. A questo punto, Dipasquale chiama direttamente l’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza. «È lui a dirmi che ritiene utile, a prescindere dal tampone, il ricovero di Rizzuto». Il 65enne viene ricoverato per polmonite. «Sono le 23.30 quando la moglie mi informa che a Calogero stanno già somministrando l’ossigeno per l’insufficienza respiratoria». La mattina di giorno 13 arriva l’esito del tampone: Rizzuto è positivo al Covid-19 «e, durante la notte, era già stato portato in Rianimazione. Cià ad appena 12 ore – sottolinea Dipasquale – dai messaggi del Policlinico in cui si diceva che il paziente non necessitava di tampone». 

«Mi auguro soltanto – scriveva Dipasquale lo scorso 14 marzo – che ne esca prima possibile e che nessun altro si trovi nelle sue stesse condizioni». Oggi, che metà del suo augurio non è più realizzabile, «ho scelto di rendere pubblica la mia denuncia per evitare che la superficialità e la presunzione di alcuni mietano altre vittime», conclude il deputato.

Marta Silvestre

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