«Non sono emersi elementi idonei a ritenere che si sia trattato di un omicidio». Con queste parole la gip Ermelinda Marfia ha deciso di archiviare l’inchiesta per la morte di Daniela Rincione. La donna di 50 anni e madre di due figlie trovata senza vita all’interno del suo appartamento a Baida – una borgata nella periferia di Palermo – la sera del 15 dicembre del 2018. Unico indagato nel procedimento per omicidio volontario era Francesco Ioco, il compagno della vittima che è un vigile del fuoco esperto in speleologia. La giudice per le indagini preliminari ha accolto la richiesta di archiviazione che era arrivata dalla procura, scrivendo nel provvedimento che «non si ravvisano ulteriori utili attività espletabili».
Una richiesta a cui si erano opposti i familiari di Rincione, assistiti dall’avvocato Marco Giunta, che non hanno mai creduto all’ipotesi del suicidio per impiccagione. «Stiamo valutando la possibilità di fare ricorso in Cassazione – afferma il legale a MeridioNews – perché in questa vicenda ci sono troppe cose che non tornano. Oltre al fatto che la gip ha confermato che Ioco è stato bugiardo, non si sono tenute in considerazione le importanti intercettazioni della moglie dell’uomo e vorrei ricordare – sottolinea l’avvocato – che manca ancora all’appello una sua scheda sim che non c’era quando il cellulare è stato sequestrato». In effetti, la gip ha confermato che «Ioco ha mentito su taluni aspetti della vicenda e ha mutato lo stato dei luoghi», per cui «le diverse versioni fornite sono indice della non attendibilità e credibilità dell’indagato, ma non costituiscono per ciò solo prova della responsabilità in ordine alla morte della compagna». L’uomo, infatti, ha fornito tre versioni diverse di quanto accaduto quella sera in cui la sua compagna sarebbe morta mentre lui era addormentato sul divano. Secondo la ricostruzione della giudice, «le condotte successive alla morte possono essere state determinate dal timore di essere considerato autore dell’omicidio essendo l’unico presente in casa al momento del decesso».
La gip ha sottolineato che «non vi è dubbio che dalle dichiarazioni dei vicini sia emersa la litigiosità tra i due, verosimilmente legata alle vicende relative alla separazione dai rispettivi coniugi, purtuttavia il corpo di Daniela Rincione non presentava segni di colluttazione né altri elementi comprovanti una morte violenta». A far propendere per l’ipotesi del suicidio, infatti, sono stati soprattutto i risultati dell’autopsia: per il medico legale, la causa della morte della donna è «un impiccamento atipico e incompleto», caratterizzato da un contatto parziale del corpo con il suolo e provocato da un cappio stretto e non simmetrico rispetto alla radice del collo.
Esclusi come motivo del decesso sia lo strozzamento che il soffocamento. Il solco trovato sul collo della vittima sarebbe compatibile con la corda ritrovata nell’abitazione e su di essa sarebbe stato ritrovato il materiale biologico della donna. Non sarebbero invece state trovate tracce di resistenza da parte della donna. Nessun elemento sarebbe stato trovato nemmeno a riprova della teoria di un gioco erotico, in particolare di una tecnica di bondage, finito male. Dall’analisi dei dispositivi, era emerso che Ioco avrebbe consultato la categoria “porno acrobatico” in alcuni siti online e che avrebbe anche mandato un video con contenuti simili alla donna.
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