Morte bianca a San Cristoforo «Angelo era e non aveva ali»

Orazio Savoca, giovane lavoratore edile di 26 anni, volato da una impalcatura di un palazzo in costruzione a Catania, morto, sul selciato stradale,  l’8 agosto.

Volato da dieci metri … e non aveva ali.

Triste fatalità? Sembrerebbe proprio di no! Raccontano le cronache e le valutazioni di parte sindacale  che il sito lavorativo si trovasse inadempiente alle regole e privo delle necessarie strutture di sicurezza.

Lascia la giovane moglie e due figli in tenera età, tre anni il più grande, quattro mesi il piccolo. Orfano di padre, fin da giovanissima età, accudito dalla nonna; lasciata la scuola superiore per necessità, lavorava in nero, così come qui fanno tanti per sfuggire dalla disoccupazione e dalla povertà; in quest’area depressa e abbandonata dall’attenzione pubblica e civile.

Un’altra drammatica storia di morte sul luogo di lavoro che si aggiunge alle tante consumatosi nella provincia di Catania: 25 morti nel corso dello scorso anno. Proprio lo stesso giorno a Catania è morto in ospedale un altro lavoratore edile, 59 anni, Sebastiano Alessi, ricoverato alcuni giorni prima, a seguito delle gravi ferite riportate. Volato, anche lui, da un ponteggio di un cantiere messo in opera in un fabbricato.

“Ancilu era e non avia ali                                                     Angelo era e non aveva ali

Non era santu e miraculi facia,                                           non era santo e miracoli faceva,

ncelu acchianava senza cordi e scali                                 saliva in cielo senza corde e scale

e senza appidamenti nni scinnia;                                       e senza sostenersi ne scendeva;

era l’amuri lu so capitali                                                    era l’amore il suo capitale

e sta ricchizza a tutti spartia …                                         questa ricchezza a tutti la      

                                                                                      spartiva …

Questi sono alcuni versi del canto poetico che il grande Ignazio Buttitta scrisse in onore e memoria di Salvatore Carnevale in Lamentu per Turiddu Carnivali, il sindacalista della Camera del Lavoro di Sciara (Palermo), ucciso dalla mafia il 16 maggio 1955.

Parole universali, di eccellenza poetica e umana, che ben si addicono agli eventi, alla dinamica e all’immane tragedia delle vicende narrate.

La poesia non lenisce il dolore. Apporta, però, per chi ha cuore e sentimenti civili e democratici, un forte impulso alla riflessione e allo sdegno, partecipe e attivo, contro tutti i lacci e lacciuoli in essere che fanno sfregio della vita umana nei luoghi di lavoro.

Domenico Stimolo

[Foto di federicojacopo]

Redazione

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