Mordi e fuggi/ Il diritto all’identità personale

ALLA BASE DELLA SUA VIOLAZIONE NON VI E’ UNA SPECIFICA OFFESA, MA SOLTANTO UNA DISTORTA RAPPRESENTAZIONE DELLA REALTA’

di Lorenzo Ambrosetti

 

Il diritto all’identità personale si può definire come il diritto a non subire travisamenti o distorsioni a causa della attribuzione di idee, opinioni o comportamenti differenti da quelli che l’individuo ha manifestato nella vita di relazione.

Come anche è stato detto, esso attiene alla proiezione del sé nel sociale.

Alla base della sua violazione non vi è nessuna specifica offesa, ma soltanto una distorta rappresentazione della realtà.

Creato dalla giurisprudenza a partire dalla fine degli anni settanta, il diritto all’identità personale si fonda direttamente sull’art.2 della Costituzione che tutela i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità.

Il collegamento diretto tra il diritto all’identità personale ed i reati di diffamazione e ingiuria è di tutta evidenza.

Normalmente accade c he il diritto all’identità personale venga leso in sede giornalistica, con l’attribuzione fatta ad un determinato soggetto di fatti non corrispondenti a quelli della realtà obiettiva.

Il piano penalistico deve però essere distinto da quello strettamente civilistico.

Il processo penale che tende all’affermazione della responsabilità dell’autore dell’articolo è distinto da quello civilistico che mira al risarcimento del danno dovuto all’illecito.

E’ vero che l’illecito penale, di norma, si converte anche in illecito civile ma occorre celebrare un nuovo giudizio in sede civilistica per vedersi riconosciuto il diritto al risarcimento del danno.

Questo nuovo processo si insatura sulla base della norma contenuta nell’art. 2043 del codice civile che stabilisce espressamente che qualsiasi fatto, doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga al risarcimento del danno l’autore dell’illecito.

Il soggetto che subisce una lesione del diritto all’identità personale può poi ricorrere in sede giudiziale anche per fare cessare gli effetti del comportamento lesivo qualora questo perduri nel tempo, e l’autore dell’illecito non si sia arrestato neppure dopo formale diffida fatta dal titolare del diritto.

Il procedimento è quello ex art. 700 codice di procedura civile che dà diritto a chi subisce una lesione ad un suo diritto, e vi sia una particolare urgenza di provvedere, nonché vi sia il fondato motivo oggettivo che la lesione al diritto ci sia realmente, di ricorrere al giudice, che intima all’autore della lesione, la cessazione del comportamento lesivo.

Tutto ciò, chiaramente, in attesa che si instauri il giudizio civile che porti il titolare del diritto leso a vedersi riconosciuto il risarcimento del danno da parte dell’autore della lesione.

 

 

Giulio Ambrosetti

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