Monti dice: “Cambiare lavoro è bello”. Perché non comincia lui… lasciando il governo?

Che Italia sta costruendo, o sta provando a costruire, il nostro ‘amato’ presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti? Due i provvedimenti che stanno molto a cuore a questo ‘professore’ di università. Il primo è lo sbaraccamento dello Statuto dei lavoratori e, in particolare, dell’articolo 18. Il secondo è l’introduzione, per legge, della delazione ‘a premio’ nella pubblica amministrazione. Due ‘genialate’ degne, in tutto e per tutto, di un’Italia nella quale la nostra giovane collaboratrice, Maria Demmi (vedere il suo articolo in altra parte del nostro giornale), dice di non riconoscersi: e a ragione, aggiungiamo noi.
Cominciamo con l’articolo 18. Ormai da oltre un decennio la politica italiana, con varie forme e in modo più o meno ipocrita o surrettizio, cerca di ridurre i diritti che i lavoratori del nostro Paese hanno conquistato da oltre cento anni a questa parte. Se ai vertici di Cgil, Cil e Uil del nostro Paese ci fossero ancora Luciano Lama, Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto, il governo, questa riforma ‘intelligente’, avrebbe potuto farsela da solo. Perché questi sindacalisti mai e poi mai si sarebbero seduti al tavolo di un governo che punta a raggiungere un obiettivo così reazionario.
Purtroppo, ai vertici di Cgil, Cisl e Uil ci sono persone che ‘accettano’ di discutere tale tema: e questo già è grave, perché legittimano un governo e (soprattutto, un presidente del Consiglio) che andrebbe combattuto nelle piazze a ‘forconate’ (da Forconi, parola suggestiva che evoca una stagione di lotta che è tornata in questi giorni in auge in Sicilia).
Monti, esponente di quelle banche protagoniste e in buona parte responsabili della crisi economica e finanziaria che stiamo vivendo – diventato capo del governo senza un’investitura popolare – si è presentato in Tv spiegando che l’articolo 18 va sbaraccato, che nella vita bisogna cambiare lavoro e bla bla bla. La cosa che dà più fastidio del ragionamento (o quasi) del ‘professor’ Monti è che lui deve ‘spiegare’ agli altri come debbono vivere il proprio lavoro. Se lui è così felice di cambiare lavoro, ebbene, ha una grande opportunità per realizzare questo ‘suo’ desiderio: lasci la guida del governo italiano e lasci in pace il nostro Paese.
Qualcuno dovrebbe, poi, spiegare a Monti che lui non è stato votato dagli italiani. Presiede solo un governo tecnico che non ha alcun titolo per proporre al Parlamento scelte politiche e sociali destinate a cambiare radicalmente – e per sempre – la vita degli italiani (con i tempi che corrono, vai a introdurre un altro articolo 18…).
Il secondo provvedimento ‘caro’ alla ‘politica’ che il nostro capo del governo incarna è la già citata delazione ‘a premio’ nella pubblica amministrazione. In pratica, se un dipendente pubblico si accorge che un suo collega commette un abuso e lo denuncia anonimamente ha diritto a un premio. Non solo. A chi denuncia viene ‘persino’ garantito l’anonimato.
E’ evidente che qualcuno ha dimenticato che, nel nostro Paese, un pubblico amministratore che viene a conoscenza di un abuso è già obbligato a denunciarlo all’autorità giudiziaria. Cosa propone, in ‘alternativa’ all’attuale ordinamento, la politica che sostiene il governo Monti? L’introduzione della delazione a ‘premio’ con la ‘garanzia’ dell’anonimato’. Un capolavoro, ragazzi!
Da qui una domanda: è più ridicolo questo provvedimento o chi o propone?

 

Giulio Ambrosetti

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