Molti Comuni ancora senza registro degli incendi «Così è difficile limitare gli interessi dei piromani»

Poca prevenzione, ma anche una scarsa deterrenza. La questione incendi, nonostante l’estate abbia già compiuto il giro di boa, continua a tenere banco. Quella di ieri è stata l’ennesima giornata di roghi in Sicilia con le fiamme che sono divampate in più zone della Sicilia, dal Parco dell’Etna al Palermitano. Ultimo atto di mesi trascorsi tra la ricerca degli interessi che possono esserci dietro ai roghi dolosi e le polemiche per i ritardi nell’avvio della campagna antincendio, con numerosi casi in cui gli operai forestali sono stati assunti senza potere usufruire a pieno del parco mezzi o non avendo avuto la possibilità di eseguire quelle azioni – come la creazione dei viali parafuoco – utili a limitare la propagazione dei roghi.

La conclusione della stagione calda e l’inizio delle piogge arginerà il problema ma il rischio potrebbe essere quello di trovarsi per l’ennesima volta con una lezione che non si impara e neanche si ha intenzione di studiare. A lanciare l’allarme negli scorsi giorni è stato Gaetano Guarino, responsabile del terzo distretto forestale che si sviluppa attorno a Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo. Delegato sindacale Cgil, dal proprio profilo Facebook ha chiesto agli enti locali di non trascurare i catasti degli incendi

«Bisogna farlo se si vuole realmente dimostrare che dare fuoco ai terreni non può portare a nulla – dichiara a MeridioNews -. Altrimenti, ed è quello che temo, ci ritroveremo a preparare il terreno dell’impunità per chi compie atti criminali che danneggiano il paesaggio, l’economia e mettono a rischio l’incolumità di persone e animali». Il riferimento di Guarino va a quanto previsto dalla legge in tema di terreni incendiati. E in un scenario che vede ridotte a poche decine le denunce per incendio doloso a fronte di migliaia di ettari che ogni anno vanno in fumo, guardare alla disincentivazione delle azioni criminali diventa fondamentale

A riguardo la normativa prevede misure ben precise. Secondo la legge 353 del 2000, infatti, i terreni che sono stati percorsi dalle fiamme «non possono avere una destinazione diversa per almeno 15 anni». Ma non solo: per almeno dieci «è vietata la realizzazione di edifici e infrastrutture», la caccia e il pascolo, mentre per cinque non si può intervenire con attività rimboschimento finanziate con fondi pubblici. Nelle scorse settimane, la legge è stata ulteriormente potenziata nell’ambito del pacchetto di disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno pensato dal governo e approvato dal parlamento, prevedendo la trasmissione – da parte dell’Agenzia delle entrate – alla prefettura e alla Procura dei contratti «stipulati entro due anni dal fatto».

Tutte cose, però, che rischiano di rimanere sulla carta se le amministrazioni non si impegnano a metterle in atto. «Senza catasti incendi aggiornati non si conclude nulla – avverte Guarino -. Sono fondamentali per registrare i luoghi dove sono stati appiccati gli incendi, individuare la particella e da lì risalire ai titolari di diritti su quel terreno. Finché questo non verrà fatto con rigore, non dovremo stupirci se, dopo qualche mese dal rogo, negli stessi terreni vedremo l’erba brucata da pecore e bovini».

Nei mesi scorsi a citare l’aggiornamento dei catasti dei soprassuoli percorsi dal fuoco, che per legge dovrebbe avvenire ogni anno, è stato sia il dipartimento regionale che il capo nazionale della Protezione civile Fabrizio Curcio. Ma a essere cosciente dei ritardi nella istituzione dei registri è anche Anci Sicilia, l’associazione che raggruppa gli enti locali dell’Isola. «Non abbiamo dati che possano permetterci di fare un quadro completo della situazione ma possiamo benissimo dire che moltissimi Comuni sono indietro – ammette il vicepresidente Paolo Amenta – e in alcuni casi purtroppo neanche esiste lo strumento».

Simone Olivelli

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