Mollo tutto e vendo la bottega ai cinesi A Catania, tra siti dedicati e sensali

Vendere la propria attività ai cinesi: un affare, a giudicare dalle decine di negozi made in China che si trovano nel centro di Catania. «Acquistano botteghe enormi, o pagano migliaia di euro al mese di affitto ai catanesi», conferma un commerciante di calzature di piazza Carlo Alberto, uno dei pochi negozi ancora gestiti da italiani nella zona. La fiera ha al momento la più alta presenza di negozi gestiti direttamente da cittadini del grande Paese asiatico in città, dove in totale le attività sono centinaia. E a giudicare dalle offerte sui siti d’annunci, in moltissimi sono pronti a farsi da parte in periodo di crisi, cedendo la propria bottega. «Vendesi centralissima bottegha a cinesi», «Affittasi, 200 metri quadri, 2000 euro per cinesi», «140 mq, 1300 euro al mese solo cinesi», sono solo alcuni degli annunci trovati rapidamente online.

E ci sono anche siti specializzati, come Cinesichecomprano.com. Il servizio, gestito da una società di Belluno e attivo in tutta Italia, consente di superare le barriere linguistiche con «la traduzione dell’annuncio, che resterà per 60 giorni, e la pubblicazione su siti cinesi, a 29 euro». Le offerte a Catania e provincia non mancano, e a provare ad utilizzarlo c’è anche il signor Luigi, che mette in vendita una palazzina in via Etnea: il prezzo è oltre un milione di euro. «Ho messo l’annuncio sul sito personalmente, senza intermediari», spiega il proprietario dell’immobile, che in passato ospitava un negozio della grande distribuzione. La segnalazione però «non ha ancora avuto particolari riscontri». Meglio non è andata al proprietario di un bar in provincia: anche qui, nonostante i prezzo vantaggioso, «nessuna risposta».

«Questi metodi con i cinesi non vanno bene, qui alla fiera funziona il passa parola», ci spiega il signor Gaetano, che ha un negozio di calzature, in Corso Sicilia. Sembra avere ben chiaro il metodo di vendita: «Ci sono degli italiani di fiducia che girano e segnalano gli immobili, come i sensali nell’agricoltura». «I Cinesi sono una comunità chiusa ma che sta qui ormai da vent’anni, e sono organizzatissimi: basti pensare che hanno anche aperto il centro commerciale a Bicocca», continua il signor Gaetano. Secondo il quale, seguendo i canali giusti, «trovare una bottega e aprire un’attività per loro è facile; anche se ora la crisi si fa sentire, continuano ad acquistare. Ci sono avvocati e commercialisti specializzati che si dedicano a fare i consulenti. Le attività sono tutte regolari qui in zona», afferma sicuro. Una sorta di mercato parallelo alle agenzie immobiliari, almeno secondo il titolare di una grande agenzia poco distante: «In tanti anni, non abbiamo mai venduto una bottega a un cinese, fanno tutto tra di loro».

Una conferma dai diretti interessati però, è molto difficile da ottenere. In via Teocrito, ad esempio, dove le attività gestite dai cittadini della Repubblica popolare sono almeno una ventina in poco più di 200 metri, nessuno è disposto a fare una dichiarazione. «Non parlo bene l’italiano», e allargano le spalle, con solo qualche giovane disposto ad ascoltare, tra un imballo di merce e una vendita. «Mi dispiace non saprei cosa dire a riguardo», è l’unica risposta ottenuta, da un ragazzino. «Io frequento la scuola qui vicino, ma i miei genitori non parlano italiano. Ma quei ragazzi lo parlano bene», e indica un gruppo di giovani sulla ventina intenti a inventariare della marce appena ricevuta. «Non ti capisco, mi spiace», risponde una ragazza. Che, pochi secondi dopo, risponde al cellulare in perfetto italiano.

Leandro Perrotta

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