Per il diretto interessato «è il naturale approdo di un percorso di coerenza». Per i dissidenti del Pd è una scelta figlia di «una concezione di partito proprietà privata». Il passaggio di Dore Misuraca nel Partito democratico divide e fa discutere. Perché il parlamentare uscente ha una storia di destra – Forza Italia, Pdl, assessore nell’ultimo governo di Totò Cuffaro – e un passato recente a sostengo dei governi Renzi e Gentiloni.
Oggi Misuraca ha ricevuto la tessera dem da Davide Faraone e Leoluca Orlando, i due padroni del partito in Sicilia occidentale. «Sono orgoglioso della sua adesione – ha commentato il primo -. La scelta di Dore, così come quella di tanti che in queste ore stanno aderendo ai Dem, conferma la vocazione del Pd all’apertura e al pluralismo, una grande casa pronta ad accogliere tutti quelli che vogliono fermare gli estremismi e governare con serietà e responsabilità il Paese». A fargli da spalla il sindaco di Palermo, da meno di un mese ufficialmente militante dem. «Chiamiamo a raccolta tutti quelli che vogliono essere argine ai populismi», ha aggiunto Orlando.
Onorevole Misuraca, che ci fa lei nel Partito democratico? Se lo chiedono in tanti, compresa quella parte del Pd che non condivide la gestione di Faraone.
«Continuo a fare quello che ho fatto negli ultimi cinque anni di attività parlamentare: appoggiare i governi di centrosinistra. Ho seguito un percorso di coerenza: sono stato promotore di una lista insieme al Pd nel campo largo disegnato da Orlando, ho sostenuto Micari alle Regionali».
In vista delle Politiche, perché ha scelto il ruolo di regista per la lista Civica e popolare di Lorenzin, anziché impegnarsi direttamente nel Pd?
«Perché ho creduto di dover rappresentare un’area moderata coerente con una comunità politica rimasta a sostegno del centrosinistra, e ho pagato la mia coerenza con il massimo sacrificio: non ricandidarmi».
Ex assessore di Cuffaro, eletto per due volte in Parlamento con il Popolo delle Libertà, poi passato con Angelino Alfano nel Nuovo centro destra. C’è qualcosa che non rifarebbe?
«No, nulla. Non ho rimpianti e non rinnego nulla. Ripeto: qualche mese fa sulla base dei sondaggi, come hanno fatto tanti amici, avrei potuto lasciare il centrosinistra all’ultimo chilometro e tornare nel centrodestra, ma non l’ho fatto».
Cosa trova di diverso oggi in Forza Italia rispetto al Pdl di cinque anni fa con cui è stato eletto?
«Forza Italia non è più il partito nel quale sono cresciuto ed è cambiato il peso dei compagni di viaggio. Salvini ci preoccupa. Serve un argine al suo populismo e a quello del Movimento 5 stelle. Il 4 marzo è in gioco il sistema paese e il Pd è l’unica forza che può opporsi a questa deriva».
Ma quindi è cambiato lei o il centrosinistra?
«Io sono rimasto sempre coerente, il centrosinistra è cambiato. Noi moderati negli ultimi cinque anni abbiamo contribuito a salvare il Paese, garantendo l’approvazione di norme importanti: rispetto a cinque anni fa è passata un’era geologica».
Adesso che farà? Quale sarà la sua prossima scommessa personale?
«Farò campagna elettorale per il Pd, al momento nessuna sfida personale».
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