Aggrappati alla precarietà. A Milo, mille abitanti e un municipio ai piedi dell’Etna, otto lavoratori contrattisti stanno giocando la partita per non perdere definitivamente il proprio posto nello sgangherato panorama del pubblico impiego a tempo della Regione siciliana. La loro è una storia che si protrae da due anni e per questo, ormai stremati, da una decina di giorni hanno deciso di occupare l’aula consiliare del paese, in attesa di un segnale dall’assessorato regionale della Funzione pubblica e di un reintegro a lavoro che, per adesso, sembra sempre più un miraggio che un traguardo verosimile.
La vicenda parte alla fine del 2013. Ai precari di Milo non viene rinnovato il contratto dall’amministrazione guidata dall’allora sindaco Giuseppe Messina. Un caso senza precedenti nell’Isola dove, sotto l’etichetta di un impiego a tempo prolungato di anno in anno, circa 20mila persone lavorano negli enti locali da più di vent’anni senza garanzie di assunzione né contributi. Messina ha sempre difeso quella decisione, supportato da pareri di tecnici e legali. Con la conferma dei contrattisti, secondo l’ex sindaco di Milo, il Comune avrebbe rischiato il dissesto, non potendo infatti sostenere il costo degli stipendi – circa 800 euro – e delle successive stabilizzazioni imposte dalla cosiddetta legge D’Alia, dal nome del ministro per la Pubblica amministrazione del tempo.
I precari replicano a ciò ricordando che la Regione, negli ultimi due anni, ha regolarmente stanziato i fondi per i loro contratti, sgravando quindi dal peso le casse comunali. «Fu una scelta scellerata, ingiusta e incomprensibile – spiega Eugenio Russo, uno di loro – la volontà del legislatore era chiaramente per le proroghe, ma il sindaco fu inamovibile». A ogni modo, Russo e i suoi colleghi non si sono mai persi d’animo, presentandosi ancora ogni mattina alle 8 in ufficio e timbrando il cartellino, un gesto diventato presto una vera e propria forma di protesta. «C’è una serie di servizi essenziali che il Comune senza di noi non può assicurare – raccontano ancora i precari – mansioni che nessuno svolge più, quali il verde pubblico o la gestione informatica, che l’ente per paradosso si trova a dover affidare all’esterno, potendo contare solo su 18 impiegati».
La questione è diventata da subito un caso politico in paese, trascinandosi fino alle Amministrative di maggio 2015. Quella consultazione l’ha vinta Alfio Cosentino. L’attuale sindaco di Milo ha messo il reintegro dei precari al primo posto del suo programma. «Abbiamo sposato questa battaglia e siamo pronta ad assumerci ogni responsabilità, ma adesso è il momento che la Regione si impegni per chiudere in breve la questione». Lo scorso settembre la giunta Cosentino ha deliberato per la proroga dei contratti, subordinandola comunque alle risorse sovraordinate e recuperando, con un cavillo, la continuità del rapporto tra i lavoratori e il Comune dal 2013 a oggi, requisito essenziale. «La Regione ci ha risposto che questo sistema di proroga non è conforme alle normative – spiega il sindaco – noi intanto abbiamo fatto ricorso al Tar e siamo pronti a rifare un’altra delibera di prosecuzione».
La palla, insomma, è ormai passata del tutto a Palermo. «O Milo come tutti, o tutti come Milo – ripetono i contrattisti milesi – tutta la categoria dovrebbe immedesimarsi nella nostra situazione, non possiamo essere gli unici su 20mila persone a restare disoccupati». I lavoratori sperano in un «gesto solidale» dell’assessora Luisa Lantieri: «Rivendichiamo soltanto il nostro diritto a restare precari».
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