Milleproroghe, il governo congela i progetti per lo Zen «In questo modo si butta all’aria un lavoro già fatto»

«Siamo di fronte a un governo sfascista, che pur non di rinunciare ai proclami butta all’aria un lavoro già fatto». C’è anche Palermo tra i Comuni che hanno tuonato contro il governo gialloverde in merito al decreto Milleproroghe, che ieri al Senato con un emendamento approvato all’unanimità ha congelato fino al 2020 il bando di riqualificazione delle periferie. A scagliarsi contro la maggioranza Lega-5stelle (anche se l’emendamento è stato approvato pure dal Pd) è Mariangela Di Gangipresidente dell’associazione Zen Insieme, che quel Piano per le periferie lo segue da due anni. E che a novembre del 2017 aveva partecipato a un incontro a Montecitorio per promuovere il coordinamento tra le realtà sociali delle città in cui è stato approvato il Piano.

Tutti sforzi che al momento sembrano essere non tenuti in considerazione, con la scelta di congelare per due anni il Piano periferie dei governi Renzi e Gentiloni, finanziato per 2,1 miliardi con risorse dello Stato e ai quali vanno aggiunti i cofinanziamenti regionali per un ulteriore miliardo di euro. «Da una prima lettura – continua Di Gangi – sembra che si sposti l’attenzione dai bisogni delle persone a una competizione tra Comuni, che è gravissimo. Il finanziamento nasceva per affrontare i problemi dovuti alla marginalità e, per quanto fosse contorto il meccanismo messo in piedi dal Partito Democratico, comunque si concentrava sui bisogni di aree molto vaste: dallo Zen appunto a Scampia.  A trarne maggiore vantaggio potrebbero dunque essere i Comuni medi, non quelli piccoli e nemmeno quelli grandi come il nostro».

A Palermo il Piano per le Periferie avrebbe sbloccato 18 milioni di euro tra fondi comunali, fondi del Patto per Palermo e anche fondi privati. Un insieme di risorse eterogenee, che mira a riqualificare la costa Nord, quindi in particolare lo Zen ma anche Marinella e Sferracavallo. Tra gli interventi delineati opere ad esempio di efficientamento energetico mediante la sostituzione dell’illuminazione pubblica con i fari a led o la ristrutturazione di alcune palazzine da parte dello Iacp. «Un intervento complesso e dall’impatto significativo» commenta ancora Di Gangi. Il capoluogo siciliano era giunto alla fase di progettazione esecutiva, visto che a essere finanziati sarebbero stati interventi immediatamente esecutivi. «Il tema è che Palermo aveva già avuto una lunga fase di stallo in merito all’avvio dei progetti, negli ultimi giorni sembrava che si fosse sbloccato tutto e invece ora questo ulteriore rinvio». 

Su Facebook la sottosegretaria Laura Castelli spiega i motivi della scelta da parte del governo gialloverde. «Rivendichiamo con orgoglio l’emendamento del decreto proroga termini da noi promosso grazie al quale si sblocca finalmente un miliardo di euro per investimenti degli ottomila enti locali – sostiene l’esponente pentastellata. È il colmo che oggi il Pd ci attacchi visto che ha votato a favore dell’emendamento ma, soprattutto, dopo che ha promesso dei fondi con una norma sulla quale è intervenuta una pronuncia di illegittimità costituzionale: le sentenze della Consulta non valgono più per il Partito democratico? In merito alla questione dei fondi per le periferie relativi ai progetti locali bisogna fare chiarezza. Il governo è intervenuto per dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 74 del 2018. Abbiamo pertanto garantito immediata finanziabilità per i primi 24 progetti che hanno ricevuto un punteggio superiore a 70/100. Ma, vista la necessità di rispettare la sentenza della Consulta, è stato necessario intervenire per analizzare i restanti progetti e valutare quali abbiano davvero una funzione di rilancio per le periferie. In ogni caso le spese progettuali già sostenute verranno rimborsate». 

Rassicurazioni che non convincono l’operatrice sociale palermitana. «La progettazione è già stata fatta – ribadisce Di Gangi – e tutto ciò ha avuto un costo sia in termini economici che di risorse. Invece così si immola uno sforzo già testato sull’altare del fare le cose solo come dicono loro. Lega e 5stelle dicono di voler prestare maggiore attenzione agli italiani, ma a questo punto c’è da chiedersi a quali italiani: evidentemente non a quelli che vivono ai margini del nostro Paese. Il Piano per le Periferie era in questo senso un intervento cardine, che puntava su progetti rigenerativi e sulla resilienza, innescando meccanismi virtuosi. A Palermo il piano era redatto con le associazioni e i cittadini dei quartieri, quindi davvero c’era stato un coinvolgimento e un protagonismo delle persone che poi quegli interventi li avrebbero in un certo senso subiti».

A far rabbia è anche il fatto che l’emendamento al decreto Milleproroghe sia stato approvato poco prima di ferragosto, con le aule parlamentari e gran parte del Paese in vacanza o quasi, «nascondendo questa cosuccia in mezzo a mille altre». Una modalità d’agire, insomma, che ricorda i precedenti governi che soprattutto i 5stelle hanno criticato con forza negli anni passati. E «dicono di voler essere vicino ai territori, invece il primo atto di questo governo sulle periferie è un atto che le danneggia». Resta comunque il fatto che il governo ha scelto, per dirla ancora con Castelli, di «utilizzare le risorse stanziate per le convenzioni negli anni 2018 e 2019 non solo per alcuni dei progetti dei Comuni capoluogo che hanno partecipato al bando, ma per tutti gli ottomila Comuni d’Italia». Non è quindi un allargamento delle possibilità e non un restringimento? «La ratio è chiara: anche se fosse vero che con la sentenza della Consulta questi fondi non si potevano spendere in questo modo, il governo comunque non ha modificato la modalità della spesa ma l’oggetto della spesa».

Il passaggio di ieri al Senato non è comunque definitivo. C’è ancora settembre e il voto alla Camera che potrebbe ribaltare la situazione. Anche se Di Gangi non appare certo fiduciosa. «Non mi pare che questo governo sia disposto ad ascoltare – aggiunge -. Il progetto per Palermo ha avuto un iter molto complicato: prima il Comune non poteva spendere le somme solo su rendicontazione e quindi bisognava avere gli avanzi svincolati, poi c’erano i problemi dell’Asi, e tanti altri aspetti tecnici. In ogni caso il piano era stato approvato due anni fa. E in più questa maggioranza ha numeri molto forti. Spero che a fargli cambiare idea possano essere anche i Comuni amministrati da loro, come Terni (a maggioranza leghista) e soprattutto Roma. Ci sono Comuni che questi fondi li hanno impiegati, e allora ha ragione il presidente dell’Anci Antonio Decaro a definirlo “uno scippo”».

Andrea Turco

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