Milano, anche il Teatro Coppola al Macao «Come a Catania, manca la cultura sociale»

«Al Teatro Valle ho parlato una giornata intera e continuavo a dire loro: “Ragazzi, se voi rimanete soli, siete fottuti. Dovete comunicare quello che state facendo, coinvolgere altra gente come voi in altre città». Sei mesi dopo il consiglio del premio Nobel Dario Fo, tocca a Milano, dove è nato Macao. Venerdì sera un gruppo di circa 150 artisti ha occupato Torre Galfa, un grattacielo di 31 piani abbandonato quasi al centro della città: tra le stazioni Garibaldi e Centrale. Un’esperienza, quella dei Lavoratori dell’arte – come si fa chiamare il gruppo – che si aggiunge alle esperienze del Cinema Palazzo e del Teatro Valle Occupato di Roma, Sale Docks di Venezia, Teatro Coppola di Catania, Asilo della Creatività e della Conoscenza di Napoli, Teatro Garibaldi Aperto di Palermo. Realtà con cui il nuovo centro intende fare rete e di cui si discuterà oggi in un’assemblea pubblica. Nella giornata di ieri, intanto, diversi colleghi dal resto d’Italia hanno raggiunto gli occupanti. Tra loro, anche alcuni artisti del Teatro Coppola di Catania. «Perché Macao nasce proprio come un luogo di scambio e condivisione», spiega l’attrice catanese Giorgia Coco. Macao: un luogo e un nome che lasciano spazio alla fantasia.

Un «nuovo centro per le arti di Milano, un grande esperimento di costruzione dal basso di uno spazio dove produrre arte e cultura», hanno spiegato gli stessi occupanti. Attori, coreografi, pittori, videomaker, rappresentanti di ogni arte. «Come tengono a dire gli organizzatori, qui non è prevista nessuna direzione artistica – spiega Coco – Macao è una piattaforma aperta». Un luogo dalle professionalità variegate e con un obiettivo preciso: la produzione. Proprio a Milano, città dove meno – rispetto ad altrove – ci si aspetta di soffrire la mancanza di spazi. «Molti per esibirsi, ma pochi per esprimere proposte diverse – continua Coco – Fuori dai meccanismi standard e dai luoghi riconosciuti istituzionalmente». «A questa logica per cui la cultura è sempre più condannata ad essere servile e funzionale ai meccanismi di finanziarizzazione – spiegano gli occupanti – noi proponiamo un’idea di cultura come soggetto attivo di trasformazione sociale, attraverso la messa al servizio delle nostre competenze, per la costruzione del comune».

Una scelta non casuale quella di Torre Galfa. Un edificio di 106 metri di cui gli artisti al momento occupano solo uno dei trentuno piani. «Altrimenti sarebbe diventato ingestibile – ride Giorgia Coco – Però i ragazzi hanno già allestito un bar. Non mancano birra e pasta e nemmeno la musica». Il sabato sera degli occupanti, tra cui anche diversi bambini, trascorre in una grande festa. Che, sperano gli artisti, coinvolga tutta Milano. «Oggi vogliamo restituire alla cittadinanza questo grattacielo, simbolo di quel sogno economico capitanato da grossi gruppi finanziari e tutt’ora nelle mani di uno dei più arricchiti e collusi burattinai della speculazione edilizia milanese», spiegano. Il riferimento è a Salvatore Ligresti, immobiliarista di Paternò, presto trasferitosi a Milano e chiacchierato fin dai tempi di Tangentopoli. L’immobile occupato appartiene al suo gruppo. Avrebbe dovuto essere ristrutturato a partire dallo scorso anno. E invece è ancora inutilizzato, come negli ultimi dieci anni.

[Foto di Lavoratori dell’arte]

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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