Migrazione, un report sull’accoglienza in Europa «Lo scafista è sempre una vittima come gli altri»

«I risultati a cui siamo arrivati dopo 18 mesi di lavoro possono essere uno spunto di riflessione e anche un motivo per andare avanti. E per imparare a fare le dovute distinzioni rispetto a quel demone scafista-trafficante che è stato creato ad hoc». A parlare è Elio Tozzi di Borderline Sicilia, che questa mattina ha moderato il convegno Criminalizzazione dei migranti in transito e di chi li aiuta, ospitato all’Ex Real Fonderia alla Cala. Si è scelto Palermo per presentare, in contemporanea con Vienna e Berlino, il report di circa 300 pagine che ha indagato da vicino gli effetti dello stigma di un fenomeno sociale in Germania, Grecia, Austria e Italia. A emergere è sempre lo stesso meccanismo: «I governi tentano di affrontare i trafficanti con misure sempre più repressive, criminalizzando anche chi lavora in mare o chi aiuta i migranti nella loro fuga. Oggi stiamo assistendo a una vera e propria campagna di diffamazione contro i migranti», spiega anche Lucia Borghi di Borderline Sicilia.

A emergere e a destare la preoccupazione degli operatori umanitari è soprattutto il fatto che, avvenuto uno sbarco, immediatamente si corra alla ricerca dello scafista o dell’organizzatore del viaggio: «È un atteggiamento seriale – precisa Borghi – Molte persone possono finire dentro questa indagine e anche il criterio di selezione dei testimoni è molto discutibile: spesso sono persone ricattate dalle forze dell’ordine, viene loro chiesto di fare dei nomi in cambio di qualche documento o in altri casi si tratta di migranti economici o di persone con famiglia». Persone in alcuni casi rintracciate tempo dopo e che puntualmente cambiano la loro versione iniziale o semplicemente la ampliano di dettagli prima taciuti. «È importante stimolare un discorso critico su questi argomenti per mettere in luce la situazione dei vari scafisti, spesso anche loro vittima di tratta, torturati e abusati come gli altri in Libia e poi minacciati e costretti a portare la barca».

Le indagini scattano immediatamente, prima ancora di prestare i primi soccorsi ai superstiti del viaggio. «In pratica si giocano il loro futuro mentre sono sotto shock – continua Borghi – C’è la volontà per ogni sbarco di prendere dei colpevoli, e questo risponde a una strategia politica, bisogna dare numeri per fare vedere che l’Italia si muove in fatto di sicurezza». Gli arresti, così come le logiche attuate, seguono un meccanismo altrettanto seriale. «È possibile che la polizia o chi investiga non sia sufficientemente informato sulla situazione, e quindi si insiste a cercare subito gli scafisti appena avvenuto uno sbarco. Basterebbe un’analisi un po’ più attenta e approfondita – spiega anche l’avvocata Antonella Mascia, specializzata in diritti umani – Piuttosto avrebbero bisogno di una tutela in quanto vittime di tratta: uno Stato che anzi li criminalizza genera solo un cortocircuito».

Oltre a una sensibilizzazione, però, dell’opinione pubblica e della stampa su argomenti ancora troppo poco dibattuti, si guarda già anche a quella degli operatori della giustizia: «Il legislatore in realtà è una figura che subentra solo alla fine – precisa l’avvocata Mascia – Sono i penalisti che devono avere coscienza di tutti quei diritti fondamentali che hanno un minimo di garanzie». E riferendosi a uno dei casi più recenti della cronaca, quello del migrante detenuto al Pagliarelli e attualmente sotto processo con l’accusa di essere uno dei boss della tratta di esseri umani ma che da un anno si dichiara vittima di un errore di persona, dice a MeridioNews: «Bisogna aspettare che il giudice nazionale dia la sua risposta, e poi eventualmente ci si può risolvere alla Corte europea dei diritti dell’uomo facendo presente tutta la storia. È un caso singolo e bisogna vedere se il legislatore avrà la forza per cambiare, ma gli strumenti per i casi specifici esistono già in realtà».

I giudici sono il primo presidio di garanzia, per dirla con l’avvocata, fornire loro gli strumenti adeguati significa permettergli di fare al meglio il loro lavoro. «Questo rapporto rivela che nessuno sta mettendo in atto un sistema d’accoglienza degno di questo nome, Palermo inclusa», dice infine Michele Telaro di Medici Senza Frontiere. «Tutto avviene in situazioni di emergenza che inevitabilmente portano a qualche violazione dei diritti umani. Siamo di fronte a persone in stato di bisogno, che però si continuano a trattare come questioni di politica migratoria. Chi li aiuta in mare può rendersi conto di quanto sia assurdo e paradossale accusarli di un crimine». 

Silvia Buffa

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