Migranti, una mostra e un incontro per i morti dimenticati «Per far notare l’anomalia e avere un gesto di attenzione»

Morti che diventano numeri, persone che diventano aggettivi sostantivati – migranti – come se non lo fossimo tutti un po’ migranti. Un incontro e una mostra, a Palermo, per raccontare le storie di coloro che non ce la fanno, che soccombono nel più grande cimitero del mondo, il mare Mediterraneo. Dall’inizio del 2018, almeno 442 persone sono morte provando a raggiungere la Sicilia dall’Africa. Tante di loro sono state a Pozzallo, a Catania, a Messina e a Palermo. In ogni porto, medici legali, magistrati, ricercatori, volontari li hanno accolti e continuano ad impegnarsi per ricostruire l’accaduto. Nel silenzio del quotidiano, le storie personali dei migranti sono entrate nella vita di questi siciliani che, involontariamente, sono diventati depositari di una memoria collettiva sconosciuta a tutti. 

Allo spazio Stato Brado, a piazzetta Resuttano, il 31 marzo si svolgerà l’incontro Anatomia di un naufragio: un modo per conoscere cosa si cela dietro la quotidianità delle tragedie in atto nel Mediterraneo grazie agli interventi di chi ne è professionalmente coinvolto. Interverranno Antonina Argo, professoressa ordinaria e direttrice dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Palermo; Annamaria Picozzi, sostituta procuratrice della Repubblica presso il Tribunale do Palermo; Giorgia Mirto, ricercatrice presso il Dipartimento di scienze politiche sociali dell’Università di Bologna; Cécile Debarge, giornalista RFI.

Al termine dell’incontro, organizzato dalle associazioni Maghweb e Hryo, si inaugurerà la mostra Corpi Migranti. Sarà presente il fotoreporter Max Hirzel, autore degli scatti. La mostra, prodotta in collaborazione con Minimum, è visitabile dalle 17.30 alle 19.30 nelle seguenti giornate: mercoledì 4 aprile, martedì 10 aprile, mercoledì 11 aprile, venerdì 13 aprile. L’ingresso è gratuito. Diplomato in fotografia all’I.E.D. di Milano, Max Hirzel ha realizzato reportage in Mali, Senegal, Tunisia, Palestina, Brasile, India, Libano, Polonia, Estonia, Etiopia, oltre all’Italia. Dopo la collaborazione con l’agenzia Emblema di Milano, dal 2013 è membro dell’agenzia francese Haytham Pictures, distribuita da REA. Ha di recente collaborato con Polka Magazine, Der Spiegel, Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, Sportweek, La Croix, Pèlerin, BBC on line. Il lavoro di lungo corso “Corpi migranti” (realizzato in due anni tra la Sicilia e il Senegal) è stato selezionato per la proiezione al Festival Visa pour l’Image di Perpignan 2017. 

«Incontrai Alpha a Bamako, nel 2011 – racconta il fotografo -. L’idea di lavorare sulla gestione dei corpi dei migranti deceduti, in qualche modo risale a quel giorno e alle sue parole. Ho iniziato dai cimiteri, volevo capire dove e come sono sepolti, quanti hanno un nome o cosa in mancanza. Questi corpi, per quantità ed età delle vittime, rappresentano un’anomalia, una gigante aberrazione che si tende a scambiare per fatalità. Volevo mostrare l’anomalia. Ma anche compiere un piccolo gesto, di attenzione. Sono sparsi in tutta la Sicilia, cimiteri piccoli e grandi, vicini alle coste e nell’entroterra. A volte sul cemento fresco è incisa una scritta, “sconosciuto nr. 25”, o addirittura “africana”. Un corpo, una persona. Un numero al posto del nome. Può sembrare incuria, invece rappresenta la difficoltà a gestire quella anomalia. Al contrario, la Sicilia dimostra grande capacità di compassione, non sempre con le prassi ma di sicuro con le persone, e a suo modo ha fatto proprio il lutto che non può essere celebrato dalle famiglie dei migranti. Di nuovo, perché mancano troppi nomi».

Poi arrivarono i naufragi: tanti, troppi, ormai previsti e prevedibili, deprecati o al massimo raccontati con lieve compassione. «Il 18 aprile 2015 ha luogo l’ennesimo naufragio nel Mediterraneo, il peggiore – continua Hirzel -. Più di 700 morti, 28 sopravvissuti. Il governo italiano compie una scelta inedita: un anno dopo il naufragio, il cosiddetto “barcone degli innocenti” viene recuperato dal fondo del mare, a 370 metri di profondità, e trasportato alla base Nato di Melilli. Inizia un lavoro senza precedenti, tra giugno e novembre in due tende tecniche predisposte in un hangar della base, vengono esaminati 450 corpi e relativi effetti personali, i dati post mortem vengono trasferiti al Labanof, il laboratorio di Antropologia Forense dell’Università di Milano. Lo staff del Policlinico di Palermo si distingue per capacità e presenza, giovani anatomopatologi si trovano ad esaminare troppi corpi di coetanei, così come gli addetti delle pompe funebri devono assemblare troppe bare per depositarvi troppi corpi. L’anomalia era lì, davanti a me».

Redazione

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