Migranti, la proposta delle associazioni acesi «Piccole abitazioni contro la ghettizzazione»

Collaborare alla realizzazione di un modello di integrazione realmente inclusivo, opponendosi alla nascita di un grande centro di accoglienza per i migranti. Torna a fare sentire la propria voce il gruppo di associazioni del Terzo settore, che nelle scorse settimane aveva criticato la possibilità che ad Acireale potesse nascere una struttura in grado di ricevere oltre 60 minori stranieri non accompagnati. E rivolge un appello all’amministrazione comunale guidata da Roberto Barbagallo affinché si lavori per dare vita a un vero e proprio «marchio del welfare acese». Un progetto che, secondo i promotori, potrebbe avere risvolti positivi non solo per la popolazione migrante ma anche per gli stessi acesi, favorendo l’integrazione e la convivenza e allontanando il rischio di ghettizzazione delle comunità straniere sul territorio. 

«Durante il lavoro di condivisione delle esperienze e della visione complessiva del fenomeno della migrazione – si legge in una nota – il gruppo di lavoro ha preso atto dell’esistenza di una ricchezza di risorse umane e professionali dedicate all’accoglienza e all’integrazione che, messe a sistema, condivise e arricchite da altre forze, potrebbe dare vita a un propulsivo marchio del welfare acese per l’incontro e la convivenza fra la popolazione migrante e la città». Per riuscirci, però, c’è bisogno che anche le istituzioni facciano la loro parte ed è per questo che il gruppo ha protocollato un documento contenente una serie di istanze che dovrebbero essere soddisfatte per creare le condizioni necessarie. Tra queste, la formalizzazione di un regolamento che preveda standard strutturali di ricettività dei migranti, un censimento demografico e un’analisi dei flussi migratori, creazione di eventi che favoriscano l’integrazione, e poi ancora una programmazione pedagogica come linea di indirizzo politico nelle scuole dell’obbligo che tenga conto del fenomeno e l’istituzione di una consulta dei migranti.

In cima alle richieste rimane soprattutto l’esigenza di basare l’accoglienza su un sistema strutturato in piccole unità abitative: «Il migrante si trova catapultato in un contesto sociale regolato da codici culturali così distanti dai propri da divenire ai suoi occhi indecifrabili», continua la nota. Condizione che «provoca nei migranti (in particolare nei richiedenti protezione) reazioni di chiusura». L’obiettivo dunque deve essere quello di favorire il contatto tra locali e stranieri: «Una dimora in cui alloggia un gran numero di migranti – sottolineano gli operatori – è di per sé ghettizzante in quanto porta gli ospiti a ricercare all’interno le proprie relazioni, operazione più semplice del doversi scommettere in un contesto nuovo, percepito come ostile e discriminante». In attesa che l’incontro tra associazioni e amministrazione si concretizzi e che si sappia di più in merito al progetto di realizzazione del grosso centro di accoglienza – il cui iter al momento sarebbe al vaglio della Regione – dall’ufficio stampa del Comune confermano l’interesse al dialogo affinché si trovino le soluzioni migliori per affrontare un fenomeno che va oltre le competenze di un singola amministrazione.

L’argomento migranti, tuttavia, è ritornato nelle ultime ore al centro del dibattito, seppur indirettamente. Durante un consiglio comunale il sindaco Roberto Barbagallo, in risposta a un consigliere, ha sottolineato come sia cura dell’amministrazione mantenere il decoro e la pulizia ai semafori, specie all’incrocio tra viale Cristoforo Colombo e via Latisana, luogo di ritrovo per diversi migranti che elemosinano qualche offerta dagli automobilisti. «Purtroppo già in passato abbiamo pulito e fatto sgomberare quell’area – dichiara il primo cittadino acese – non per razzismo ma per i problemi di natura igienico-sanitaria che a lungo andare potrebbero sorgere. Per questo – promette Barbagallo – ritorneremo a pulire e sgomberare quell’area».  

Simone Olivelli

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