Rifiuti pericolosi a rischio infettivo, sanitari e non, scaricati in maniera indifferenziata nei porti italiani come se fossero rifiuti urbani: è l’accusa nei confronti della Ong Medici Senza Frontiere e di due agenti marittimi che ha fatto scattare il sequestro preventivo dell’Aquarius (attualmente nel porto di Marsiglia) e di 460mila euro. L’indagine, denominata Bordless di guardia di finanza e polizia, coordinata dalla procura di Catania, avrebbe accertato uno smaltimento illecito in 44 occasioni, in 11 porti, per un totale di 24mila chili di rifiuti. Sono 24 gli indagati nell’inchiesta sull’illecito smaltimento dei rifiuti accumulati durante le attività di salvataggio in mare da parte di Msf.
L’accusa nei confronti della Ong, considerata dagli inquirenti «produttrice» dei rifiuti al centro del traffico illecito, riguarda sia la Aquarius, per il periodo da gennaio 2017 a maggio 2018, sia la Vos Prudence, la nave utilizzata dalla Ong tra marzo e luglio 2017. Per questo nel registro degli indagati – con l’accusa di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti – sono finiti, oltre ad alcuni membri dell’organizzazione, anche il centro operativo di Amsterdam che gestiva l’Aquarius e il centro operativo di Bruxelles, che ha gestito e finanziato le missioni di soccorso della Vos Prudence.
Secondo l’accusa, i soggetti coinvolti a vario titolo avrebbero «sistematicamente condiviso, pianificato ed eseguito un progetto di illegale smaltimento di un ingente quantitativo di rifiuti pericolosi a rischio infettivo, sanitari e non, derivanti dalle attività di soccorso dei migranti a bordo della Vos Prudence e dell’Aquarius e conferiti in modo indifferenziato in undici porti. Trapani, Pozzallo, Augusta, Catania e Messina in Sicilia, Vibo Valentia, Reggio Calabria e Corigliano Calabro in Calabria, Napoli e Salerno in Campania, Brindisi in Puglia. Sarebbero questi, secondo l’accusa, i porti in cui sarebbero stati scaricati i rifiuti tra cui anche «gli indumenti contaminati indossati dagli extracomunitari», gli scarti alimentari e i rifiuti sanitari infettivi utilizzati a bordo per l’assistenza medica.
L’inchiesta degli uomini del comando provinciale di Catania e dello Scico della Gdf e di quelli della squadra mobile di Catania e dello Sco della polizia avrebbe inoltre accertato che i membri di Msf e i due agenti marittimi Francesco Gianino e Giovanni Ivan Romeo concordavano «sistematicamente» lo smaltimento illegale dei rifiuti – 37 volte per l’Aquarius e sette per la Vos Prudence – «eludendo i rigidi trattamenti imposti dalla loro natura infettiva».
Tra gli indagati, oltre a Gianino, Romeo e i centri operativi di Amsterdam e di Bruxelles di Msf, ci sono il comandante e il primo ufficiale dell’Aquarius, il russo Evgenii Talanin e l’ucraio Oleksandr Yurchenko. A questi si aggiungono otto membri di Msf: il vice capo missione Italia di Msf Belgio Michele Trainiti, il vice coordinatore nazionale nazionale e addetta all’approvvigionamento della missione Italia di Msf Belgio Cristina Lomi, il liaison Officer di Mas Belgio Marco Ottaviano, i coordinatori del progetto Sar Aquarius di Msf Olanda, Aloys Vimard e Marcella Kraaij, il coordinatore logistico di Aquarius Joachim Tisch, il delegato alla logistica a bordo della nave Martinus Taminiau e il coordinatore del progetto a bordo della nave, l’inglese Nicholas Romaniuk.
Nel periodo compreso tra gennaio 2017 e maggio 2018 dalle navi Vos Prudence e Aquarius «non è stata mai dichiarata la presenza di rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo» anche in presenza di «numerosi e documentati casi di malattie registrate dai vari uffici di sanità marittima siciliani e del Sud-Italia intervenuti al momento dell’arrivo dei migranti nei porti italiani – così scrive la procura di Catania – durante i quali sono stati «rilevati 5.088 casi sanitari a rischio infettivo (scabbia, meningite, tubercolosi, Aids e sifilide) su 21.326 migranti sbarcati».
Agli atti dell’inchiesta Bordeless, ci sono controlli eseguiti dalla guardia di finanza. Tra questi anche quello dello sbarco di nave Aquarius con a bordo 416 migranti, avvenuto a Catania il 27 novembre del 2017: nel buono di servizio giornalieri dei rifiuti conferiti «nessuna traccia – scrivono procura e fiamme gialle – è stata rinvenuta di quelli solidi composti dagli scarti alimentari e di quelli costituiti dagli indumenti dei migranti a rischio contaminazione, nonché di quelli sanitari veri e propri derivanti dall’attività medico-sanitaria prestata a bordo».
A Trapani, il 15 e il 30 aprile 2017, la procura contesta «dichiarazioni mendaci di Medici senza frontiere Olanda attestanti la non presenza tra i rifiuti scaricati di sostanze infettive o contagiose, nonostante i sette casi sospetti di tubercolosi, infezioni urinarie ed ematurie, varicella e scabbia, segnalati dall’ufficio di sanità marittima di Pozzallo». Il 10 maggio del 2018, a Catania, dopo lo sbarco di 105 migranti dall’Aquarius, le fiamme gialle hanno sequestrato il carico di rifiuti appena conferito a un autocarro autocompattatore diretto al deposito della società cooperativa La Portuale II.
Tra i 15 metri cubi di rifiuti dichiarati dal comandante della nave come rifiuti alimentari e speciali indifferenziati (carta e plastica), sarebbero stati presenti due metri cubi (80 chili) di rifiuti pericolosi a rischio infettivo: indumenti dismessi dai migranti potenzialmente contaminati da virus e altri agenti patogeni, e rifiuti sanitari a rischio infettivo derivanti dall’attività di assistenza medico-sanitaria prestata a bordo alle persone soccorse, come garze intrise di sangue, guanti e mascherine con tracce ematiche.
Tutto ciò sarebbe avvenuto, stando alla ricostruzione fatta dalla procura e dalle fiamme gialle di Catania, tramite «una artificiosa comunicazione documentale», la «declassificazione dei rifiuti a rischio infettivo» da Vos Prudence e Aquarius. Questo, secondo l’accusa, il meccanismo che veniva messo in atto: durante la navigazione verso il porto di destinazione si sarebbe provveduto alla fornitura di indumenti nuovi e di alimenti ai migranti salvati in mare, producendo quelli per l’accusa erano dei «rifiuti pericolosi a rischio infettivo». Questi, in fase di certificazione prima di entrare nel porto, sarebbero poi stati presentati come rifiuti solidi indifferenziati con l’assegnazione di appositi codici come «non pericolosi». Al termine delle operazioni di sbarco sarebbero poi stati conferiti alla società incaricata con la ditta portuale incaricata che, come emerge da foto segnalazioni fatte a Catania, «li compattava in maniera indiscriminata e li portava in discarica per lo smaltimento finale».
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