Tu sì, tu no. Perché fragile, perché straniero, perché proveniente da uno Stato piuttosto che da un altro. Davanti a questi criteri, adottati per fare sbarcare i migranti al porto di Catania, non è tardata ad arrivare la posizione della Chiesa etnea. Un intervento attivo e propositivo con l’arcivescovo, mons. Luigi Renna, il vicedirettore della Caritas diocesana ed Emiliano Abramo della Comunità di sant’Egidio presenti sulla banchina a manifestare la volontà di collaborazione nell’accoglienza. Mentre sono stati fatti scendere le donne in stato di gravitanza, i minori e le persone fragili, il capo della Diocesi catanese auspica «che l’accoglienza sia totale, tenendo conto che coloro che sono rimasti a bordo, provengono da situazioni di grave disagio, oltre che da molti giorni di navigazione». Avviati immediatamente i primi interventi, con l’impegno di medici, forza dell’ordine e personale volontario, ad arrivare sulla terra ferma sono anche delle storie che «rivelano – prosegue Renna – lo stato di sofferenza dal quale provengono e la speranza di trovare finalmente un futuro diverso». Un clima di bisogno che si scontra con una selezione, stabilita per decreto, da una politica assai distante dalle necessità che si presentano davanti agli occhi di chi presta soccorso e che si leggono negli occhi di chi arriva. E per questo è lo stesso arcivescovo che auspica che «il criterio adottato finora – prosegue – sia rivisto, perché mentre mette in sicurezza alcune fasce di persone più bisognose di cure immediate, esclude chi presto potrebbe giungere all’esasperazione, perché nella fuga dal proprio Paese ha intravisto una possibilità per un avvenire» diverso, migliore.
E se da una parte la stessa presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, ha detto di ascoltare «sempre con grande attenzione le parole del Santo Padre che sono un perenne monito alla saggezza e alla carità», dopo che il papa aveva detto che «la vita va salvata in mare ed i migranti vanno accolti e integrati. Ma lo sforzo non può ricadere solo sulle spalle di alcuni Paesi come l’Italia», la Chiesa catanese sottolinea: «Le esigenze espresse dal Ministero degli Interni, di vedere l’Italia non lasciata sola di fronte al numero ingente di migranti che bussano alle porte dell’Europa è più che giusta, ed ha bisogno di soluzioni politiche, soprattutto di una urgente revisione del Documento di Dublino; ma evidentemente non si può aspettare la conclusione dell’iter di un dibattito politico e legislativo senza nel frattempo mettere in sicurezza l’esistenza di tante persone, create ad immagine di Dio come ciascuno di noi, che non possono vagare per il Mediterraneo o essere respinte, senza cadere nella disperazione o addirittura perdere il dono inestimabile della vita».
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