Migranti, il giorno del lutto cittadino Ancora nessuna soluzione per i siriani

Cinque giorni dopo il tragico sbarco di circa cento migranti sulle coste di Catania costato la vita a sei giovani egiziani, è il momento del lutto cittadino. In un primo momento era stata scelta questa giornata in previsione dei funerali delle vittime, di età compresa tra i 17 e i 27 anni, ma, come fanno sapere da palazzo degli Elefanti, alcune famiglie hanno richiesto le salme. «Per gli altri provvederà la città, ma non è stata ancora fissata la data e si attende ancora qualche giorno proprio per consentire alle famiglie di richiedere i corpi». Nel caso in cui non fosse possibile raggiungere i congiunti, sarà dunque l’amministrazione a farsi carico della loro tumulazione «con il massimo dell’attenzione e dell’umanità delle esequie: se richiesto anche con esponenti delle varie confessioni che possano dare un ultimo saluto a questi poveri migranti vittime di un ennesimo viaggio della disperazione». Per oggi quindi bandiere a mezz’asta in tutte le sedi comunali e l’invito del sindaco Enzo Bianco alla città, «perché, ciascuno secondo la propria sensibilità, manifesti liberamente il proprio cordoglio».

E sono ancora in attesa le famiglie siriane che hanno rifiutato il riconoscimento e che si trovano all’interno della scuola Andrea Doria, da giorni presidiata da Rete antirazzista, Catania bene comune, Experia, Arci e Osservatorio su Catania assieme ad esponenti di Sel e alcuni liberi cittadini. Il neo prefetto etneo, Maria Guia Federico, ieri ha garantito che non ci sarà alcun rimpatrio, «ma solo perché la Siria ha chiuso le frontiere», precisa Claudia Urzì, una delle volontarie del gruppo che continua a denunciare l’isolamento a cui i migranti sono sottoposti. «Se non fosse stato per noi, non avrebbero potuto parlare con nessuno», spiega riferendosi alle ore successive allo sbarco, quando i volontari avevano ottenuto l’accesso alla struttura. Una situazione cambiata a seguito dell’irrigidimento delle misure di sicurezza causate, secondo la rete di associazione, «da un fraintendimento». «Una delle siriane, quella che sembra essere una leader del gruppo, ha avuto una specie di crisi isterica perché il marito doveva essere ricoverato in ospedale», racconta Urzì. I volontari hanno ottenuto il permesso di farla parlare con una psicologa, un colloquio che avrebbe dovuto essere privato ma che è stato sentito da più persone. Una di queste avrebbe riferito alle forze dell’ordine che il medico avrebbe spiegato alla migrante come dall’ospedale sarebbe stato più semplice fuggire. Da qui la decisione di impedire qualsiasi contatto con i siriani. «Ma si tratta di un equivoco – afferma Claudia Urzì – La psicologa, per calmare la donna, ha soltanto elencato i motivi per i quali sarebbe stato meglio il ricovero per il marito. Faceva parte dell’approccio terapeutico». Suggerire la fuga «non era nelle nostre intenzioni».  

La rete di volontari continua a denunciare «l’assoluta inadeguatezza» delle istituzioni che si stanno occupando del caso. Per continuare a manifestare solidarietà e chiedere di essere garanti dei diritti dei migranti della Doria hanno convocato una conferenza stampa davanti l’istituto. «Chiediamo una soluzione alternativa e più umanitaria – dice Urzì – Oltre all’abolizione delle attuali leggi in materia, a cominciare dalla Bossi-Fini». Infatti, la situazione di stallo rischia di protrarsi. «Se i migranti si rifiutano di farsi identificare non possono essere avviate le procedure previste e le soluzioni sono solo due –  ha spiegato a CTzen il legale esperto in immigrazione Riccardo Campochiaro –  il rimpatrio, un’azione complicata se non si sa chi siano e da dove vengano, o il trattenimento presso un Cie, Centro di identificazione ed espulsione e di detenzione amministrativa».

Sembra invece vicina ad una soluzione la vicenda che riguarda un altro dei passeggeri del motopeschereccio arenato sul fondale della Playa. Del piccolo Ad Hamedsedicenne ricoverato all’ospedale Vittorio Emanuele con una grave frattura del bacino si stanno occupando i servizi sociali e gli uffici dell’immigrazione. Anche per lui non è stato possibile effettuare l’identificazione ed è stato registrato come sconosciuto profugo numero 10. In mancanza di un tutore, inoltre, non è stato possibile effettuare l’operazione di cui ha bisogno, «ma nei prossimi giorni si potrà fare», fanno sapere dal reparto di ortopedia dove l’adolescente si trova.

 

[Foto del centro foto-documentazione VF di Catania]

Carmen Valisano

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