Migranti, 13mila vite salvate in un anno di attività Sos Mediterranee: «Non sono mai abbastanza»

«Si parla troppo poco degli aspetti nascosti del fenomeno migratorio, i più lo percepiscono come un’invasione. Ma accogliere significa ricchezza». È con queste parole che Valeria Calandra, presidente di Sos Mediterranee Italia, dà il via ai festeggiamenti per il primo anno di attività. L’organizzazione umanitaria è nata col preciso scopo di salvare vite umane grazie all’iniziativa e all’impegno di comuni cittadini che mettono a disposizione le proprie competenze professionali a bordo della nave Aquarius, salpata a febbraio dell’anno scorso dal porto di Palermo, dove adesso fa ritorno. Sono oltre 13mila le vite salvate nel 2016 da una morte certa nel Mediterraneo, mentre sono 5.096 quelli che non ce l’hanno fatta. «Raccontare quello che facciamo è molto emozionante – dice Calandra – Siamo felici del feeling instaurato tra due contesti diversi: noi che lavoriamo in mare e la Soprintendenza del Mare, che invece opera sul piano della cultura».

«Attraverso mostre e fotografie è possibile realizzare un immediato contatto con quello che facciamo nel Mediterraneo – continua la presidente – Abbiamo voglia di esportare quello che succede in navigazione: il modo migliore è raccogliendo le testimonianze dei nostri salvati, riportare i loro racconti, che stiamo minuziosamente archiviando, le loro ricerche dei parenti appena scesi dalla nave o raccontando l’emozione di un bimbo nato a bordo», come Alex, Otar e Favour, nati sull’Aquarius e figli del Mediterraneo. «Sono tante le storie che potrebbero far vedere con occhi diversi quello che è visto come il problema dei migranti. In passato anche noi siamo stati migranti e siamo stati accolti, l’accoglienza non deve essere accolta come una forzatura», conclude Calandra. Un fenomeno, quello migratorio, che oggi non può più essere ignorato.

«La nostra missione è tutelare la cultura del mare e tutto quello che lo riguarda, comprese le migrazioni, che ci fanno toccare con mano questo mosaico etnico-culturale che è il Mediterraneo», dice il Soprintendente del Mare Sebastiano Tusa, che aggiunge: «Non muri ma accoglienza, per noi è un imperativo morale che vorremmo tradurre anche in termini culturali». E la nave Aquarius, in primis, si è pian piano trasformata in una vera e propria «casa del mare», simbolo di un posto che accoglie, che salva. A raccontare l’attività di Sos Mediterranee sarà, dal 15 al 19 febbraio, la mostra fotografica allestita presso il Museo dell’Arsenale con gli scatti di Andrea Kunkl e Marco Panzerotti. «Una piccola finestra che cercherà di portare gli spettatori a bordo dell’Aquarius», l’ha definita Amelia Giordano, curatrice dell’esposizione insieme a Stefano Ferri, che le fa eco: «Sono immagini fortissime ma emozionanti, necessarie. Mostrano luci e ombre di quello che accade nel Mediterraneo e di quello che facciamo, che non è mai abbastanza».

«Questo allestimento è soprattutto un modo per testimoniare che quello che sta accadendo in mare è ben diverso da quello che immaginiamo», spiega anche il fotografo Panzetti, che prosegue: «Dietro le migrazioni c’è una mafia che si arricchisce molto più che con tutti gli altri business criminali e parlare con chi riesce a salvarsi, sentire le loro storie e le loro aspettative, cambia davvero ogni prospettiva». Gli fa eco anche il collega Kunkl quando racconta, in piedi davanti ai suoi scatti sull’Aquarius, che «questo è un processo storico inarrestabile e lo abbiamo innescato noi europei, la colpa è solo nostra non degli scafisti di turno».

Silvia Buffa

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