«Stanno facendo ostruzionismo per il trasferimento di mio fratello. L’ambasciata italiana è già chiusa, e io devo chiamare un medico in Italia e fare in modo che, di rimando, telefoni qui. Tutto questo per far accettare mio fratello, che è italiano, in Italia. Pazzesco». Non bastavano l’avvelenamento, la rapina, il coma e le ricadute. Adesso che le condizioni di salute di Gianluca Di Gioia, il 36enne originario di Caltavuturo aggredito nel Laos, sono migliorate, stabilizzandosi, ecco spuntare puntuali altri problemi. Di natura, però, tutt’altro che medica. «Per i dottori è ok, ora dicono che è la compagnia aerea Emirates il problema, che fa ostruzionismo dopo aver preso i soldi. Prima li hanno presi, solo dopo sono saltati fuori i problemi, che non mi hanno nemmeno spiegato nello specifico», racconta Salvatore, fratello del giovane ricoverato nella clinica privata della cittadina thailandese di Udon Thani.
È subito il panico. La madre e il fratello, volati in Thailandia appena appreso dell’aggressione a Gianluca, si sono rivolti invano anche al personale della clinica: «Mi hanno detto che senza una richiesta ufficiale non possono fare nulla, sono solo un’amministrazione ospedaliera – dice ancora Salvatore – Questo problema tra l’altro è uscito fuori solo adesso, ore 17.30 locali, dopo aver pagato. È stato proprio l’ospedale a riferirmi che Emirates voleva questa cosa». Riaffiora la disperazione già assaporata nei giorni scorsi: «La polizia qui in Thailandia è inesistente», commenta scoraggiato. Scartata quindi, per il momento, la possibilità di rivolgersi alle autorità locali. La famiglia resta in attesa di poter interloquire con l’ambasciata e di ricevere delle spiegazioni per quello che sta accadendo.
Solo fino a questa mattina i messaggi e gli aggiornamenti che giungevano da Udon Thani erano positivi e fiduciosi, soprattutto dopo i continui miglioramenti del giovane. «Il Bangkok Hospital organizzerà il trasferimento di Gianluca in un ospedale italiano, non appena ci saranno le condizioni di salute ottimali. Grazie a tutti per il sostegno morale e l’aiuto economico che ci avete donato». Erano state queste le ultime notizie, solo fino a qualche ora fa. Notizie che avevano risollevato gli animi anche dei numerosi utenti del web, che da giorni ormai seguono con apprensione la vicenda dell’insegnante di inglese aggredito il 24 agosto scorso e rimasto in coma farmacologico per dieci giorni.
Si era risvegliato lunedì, ma dopo poche ore era subentrata una grossa crisi respiratoria che aveva costretto i medici thailandesi a ricollegarlo di nuovo al macchinario per la ventilazione. Brutte notizie, fino a quando, nel tardo pomeriggio di ieri, il fratello, attraverso il gruppo Facebook creato per lanciare una raccolta fondi a fronte dell’ingente costo delle cure, ha spiegato che Gianluca «non è più intubato, non ha più bisogno di ossigeno e a fatica parla. Ha riconosciuto le voci di voi, gli amici che avete inviato i videomessaggi. Ha espresso la volontà di tornare a casa». Una possibilità, questa, che adesso sembra inspiegabilmente lontana. «Domani mattina forse dovrebbe essere tutto risolto», assicura però Salvatore Di Gioia.
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