Messina non è tra le città in cui si sono verificati reati a sfondo razziale o discriminatorio nel triennio dal 2015 al 2017. È la sola città, tra le medio-grandi, in tutta Italia ad avere questo primato positivo. Nessun caso, mentre nell’intera penisola sono 853 quelli registrati dalle Corti d’appello. Una media 284 reati l’anno. I dati sull’odio razziale sono frutto di una ricognizione voluta dal ministro della Giustizia Andrea Orlando dopo il blitz squadrista dei militanti di estrema destra di Veneto Fronte Skinhead contro la sede dell’associazione Como Senza Frontiere. Il guardasigilli ha chiesto alle 26 Corti d’Appello di inviare al ministero dati e informazioni relativi ai procedimenti aperti.
La mappa è stata anticipata da Repubblica e vede il maggior numero di procedimenti iscritti a Roma con 202 fascicoli. Seguono Milano con 134. La Corte d’appello di Bologna ha un dato superiore – 157 procedimenti – ma va considerato il fatto che copre l’intera l’Emilia Romagna. Guardando alla Sicilia troviamo Palermo con 21 episodi, quindi Catania con 14 e Caltanissetta con quattro. A Messina, tuttavia, le tensioni non mancano e si cerca di frenarle. Ne è la dimostrazione la manifestazione antirazzista organizzata il 27 gennaio scorso dagli assessori Daniele Ialacqua e Nina Santisi. Nonostante tutto sono molti più i messinesi che puntano all’integrazione che quelli che fomentano l’odio razziale. E questo anche se la città è interessata dagli sbarchi e dalla presenza di una struttura di accoglienza, come l’ ex caserma Gasparro, alla quale si collegano non pochi disagi per la popolazione residente.
Testimonianza della volontà di portare avanti un modello diverso di accoglienza è il modello Sprar e l’inserimento e il ruolo chiave svolto da Messina nell’ambito del progetto europeo Arrival Cities. «Nella mia esperienza posso confermare questo dato», spiega a Meridionews Maria Fatima Trimarchi, docente di lingue straniere dell’istituto Antonello, dove porta avanti il progetto Nessuno è straniero a scuola che vede la partecipazioni di 13 ragazzi provenienti dall‘Africa arrivati a Messina con gli sbarchi. «Anche come volontaria della comunità Cristo Re che si occupa di minori migranti, posso affermare di non avere mai assistito a episodi di violenza fisica nei confronti dei nostri ragazzi. Discorso diverso per le battute».
Di poche settimane fa un episodio che ha visto coinvolto proprio un gruppo di minori che stavano ripulendo dai resti del taglio di un albero le aiuole della scalinata che da piazza Basicò porta a Montalto. Un’anziana ha redarguito i ragazzi accusandoli di danneggiare un albero secolare invitandoli a tornare nel loro paese. «Si tratta di razzismo verbale, ma si tratta di casi isolati. Erano sorpresi, a conferma di come non sia un’abitudine per loro essere trattati male», prosegue la professoressa Trimarchi. Anche se poi cita un altro caso. «Un ragazzo che gioca a rugby è diventato bersaglio di battute, ma si tratta di un contesto diverso. L’ambiente sportivo non è nuovo purtroppo a episodi di razzismo verbale. Le cronache ci raccontano di simili episodi anche negli stadi nazionali nei confronti di giocatori di squadre importanti. Ritengo – conclude la docente – che il lavoro di integrazione sia fondamentale per prevenire ogni forma di razzismo e i nostri ragazzi a scuola non sono isolati dal resto della comunità studentesca».
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