L’ente Teatro Vittorio Emanuele di Messina condannato a risarcire due orchestrali a causa del ricorso sistematico ai contratti a tempo determinato. Le motivazioni della sentenza, emessa da Giuseppa D’Uva, presidente del Tribunale del lavoro, sono state rese pubbliche martedì 6 ottobre, al termine dell’udienza. Nel provvedimento vengono sanciti due principi. Primo: a tutti i professionisti incaricati dall’ente dovrà essere applicato il contratto collettivo dei dipendenti regionali. Secondo: in nessuna maniera si potrà pretendere l’assunzione a tempo indeterminato.
Un precedente significativo, quello introdotto dalla sentenza che, in ogni caso, potrà essere impugnata in appello. Esattamente un anno fa, tra ottobre e novembre, nove istanze di assunzione definitiva erano state rigettate. «Sono state escluse a priori – spiega Pippo Di Guardo, della Slc Cgil – poiché mancava il requisito dei 36 mesi lavorativi, sebbene non continuativi, in dieci anni». I dipendenti in possesso dei requisiti sono stati, invece, rimandati al 2015, in attesa della pronunzia della Corte di giustizia europea. «Adesso – prosegue il sindacalista – la normativa prevede risarcimenti che vanno dalle due alle dieci mensilità». Nella fattispecie, il giudice ha riconosciuto ai due professori sei mensilità, da calcolare in base all’«ultima retribuzione globale di fatto», oltre agli interessi. Una somma che, al momento, deve essere ancora calcolata.
Resta il fatto che altri potranno insinuarsi nelle maglie aperte dal provvedimento. L’importante è avere già innescato il procedimento davanti al Tribunale del lavoro. È il caso dei «dieci stagionali, per lo più tecnici, che possiedono i requisiti per vedersi riconoscere il risarcimento», fa presente Di Guardo.
Impossibile, a ogni modo, per i ricorrenti, vedersi riconoscere il diritto all’assunzione a tempo indeterminato. L’Ente autonomo regionale, infatti, viene equiparato dal magistrato alla pubblica amministrazione. Nella sentenza si rimarca che la maggior parte delle entrate sono costituite dal contributo regionale, sin dal 1993, quando venne percepito il primo finanziamento fissato, per legge, in 13 miliardi di lire. Quest’anno, da Palermo, sono arrivati 5 milioni 200mila euro circa. Quanto basta a giustificare, secondo il Tribunale, l’applicazione del contratto collettivo di lavoro dei regionali e non quello delle fondazioni lirico sinfoniche, attuato finora.
Una massima espressa già lo scorso anno, alla quale il Teatro sta provvedendo ad allinearsi. Non a caso, per la contrattazione, sono stati convocati gli esponenti sindacali della funzione pubblica. «Noi sindacati delle fondazioni – eccepisce Di Guardo – abbiamo chiesto un incontro, scrivendo anche all’assessorato regionale al Turismo, Sport e Spettacolo, perché riteniamo che non tutte le mansioni possano avere una corrispondenza nel Ccrl Sicilia. Non esiste una comparazione, per esempio, per i musicisti, i ballerini, i fonici, i truccatori».
Più in generale, la Cgil è convinta che molti dei contratti sottoscritti nel passato, ma anche nel presente, dagli orchestrali, così come dai tecnici, siano «fuori norma». Una posizione che, a causa dei rischi che un contenzioso esasperato può provocare, ha incrinato i rapporti con i primi, una trentina circa: «Quando le persone sono colpite dal bisogno – afferma il segretario provinciale della Slc – rischiano di non comprendere la differenza tra chi le tutela e chi no. Per i tecnici, ci siamo rivolti pure all’ispettorato del lavoro e andremo avanti». L’intenzione è di impugnare pure l’accordo firmato sempre ieri, 6 agosto, dai musicisti: «Non è ancora concluso – precisa Di Guardo – mancano l’impegno di spesa, la controfirma del Teatro. E lo impugneremo poiché non a norma».
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