Messina, solo in due su dieci pagano per l’acqua Migliaia di utenze intestate a persone già morte

L’acqua a Messina non è mai una questione banale. A fare parlare stavolta non è l’emergenza che, esattamente quattro anni fa, ridusse la città alla sete a causa di una condotta colabrodo che attraversa un territorio altrettanto devastato. L’acqua è tornata a uscire normalmente nelle case dei messinesi, solo che a pagarla sono davvero in pochi: meno di due utenti su dieci (appena il 17 per cento) saldano la bolletta regolarmente, cioè entro un mese dall’emissione. 

Così l’Amam, la società municipalizzata del Comune che gestisce il servizio, si è ritrovata da una parte con debiti per cento milioni di euro, e dall’altro con altrettanti crediti. L’elenco dei morosi è lunghissimo, tra utenze domestiche, condomini, attività commerciali, industrie, cantieri. In totale 28mila debitori per un totale di 96 milioni di euro accumulati negli ultimi venti anni. Peccato che una parte di questo credito ormai non sia più esigibile. Bisognerebbe andarlo a chiedere ai morti, visto che «qualche migliaio» di utenze è intestato proprio a defunti. 

Come è stato possibile? «Se abitui la gente a non pagare senza che succeda nulla questo è il risultato – riflette Salvo Puccio, il nuovo presidente dell’Amam – Alcuni in passato sono stati diffidati, ma ai grandi evasori mai è stata chiusa l’acqua». Ai primi posti dei morosi, infatti, non ci sarebbero utenze domestiche ma imprese private su cui l’amministrazione comunale mantiene il riserbo. Tranne che sull’evasore numero uno: l’Azienda municipale trasporti che, secondo i dati forniti dall’amministrazione del sindaco Cateno De Luca, ha accumulato negli ultimi cinque anni un debito di oltre un milione e centomila euro. 

«Col nuovo sistema informatico che avvieremo il 4 novembre si cambierà musica – promette Puccio – finora le diffide andavano mandate una ad una, adesso con un click partirà in automatico una Pec a intere categorie di morosi che rispondono ai medesimi criteri». La normativa non permette l’interruzione del servizio per case e condomini. Per queste categorie – 23mila utenze domestiche che rappresentano l’82 per cento dei creditori per un debito di 44 milioni di euro, e a circa 900 condomini che sommati fanno un debito di 32 milioni – scatterà la riduzione dell’acqua. Per attività commerciali (2.600 per un debito di sette milioni), siti industriali (450 per un debito di 2,3 milioni) e cantieri edili (1.100 per 10,7 milioni di debiti) si avvierà invece l’iter per la sospensione del servizio. Un bel problema considerato che senza acqua l’Asp ritira le autorizzazioni per i pubblici esercizi. «Leggere certi nomi tra i morosi fa veramente rabbia – ha detto il sindaco – perché i grandi e blasonati morosi di professione con evidenti coperture in Amam nulla c’entrano con lo stato di indigenza».

In verità nell’ultima settimana le minacce mediatiche del sindaco e le prime azioni concrete – è stata sospesa l’erogazione a 23 attività commerciali che sono corse a regolarizzare la loro posizione – sembrano avere smosso le acque. «Da quel momento – dà i numeri il presidente dell’Amam – siamo passati da una media di 70 a 210-230 ticket al giorno agli sportelli. Le richieste di rateizzazione sono passate da una ogni venti giorni a cinque, sei al giorno. L’incasso medio è lievitato da 50mila euro a 140mila euro al giorno». Numeri che dovranno essere misurati nel tempo per capire se davvero l’azione di risanamento avrà dato i suoi frutti. 

Salvo Catalano

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