Messina, la reazione del gesuita alle scritte antisemite Sulla porta della chiesa: «Qui abita un Giudeo, Gesù»

Una provocazione forte quella fatta da padre Felice Scalia nella chiesa di Santa Maria della Scala dei padri gesuiti in occasione del giorno della memoria. «Qui abita un Giudeo, Gesù di Betlemme di Giudea», questa la scritta comparsa sulla porta della parrocchia. Una scritta seguita dalle parole Juden hier, qui abita un ebreo appunto, e ancora impressa sulla porta una stella di David come quelle usate dai nazisti per identificare gli ebrei. La provocazione è stata pensata da padre Scalia come reazione alla scritta antisemita comparsa il 24 gennaio scorso a Mondovì, in provincia di Cuneo, dove sulla porta dell’abitazione di Lidia Beccaria Rolfi, morta nel 1996, staffetta partigiana, deportata a Ravensbruck come politica e testimone dell’Olocausto, qualcuno ha scritto le parole Juden hier, qui abita un ebreo, e ha impresso anche una stella di David. 

«Noi cattolici, o comunque occidentali, che abbiamo perseguitato gli ebrei – precisa padre Scalia – abbiamo dimenticato che nelle chiese abita un Ebreo, che noi dobbiamo molto agli ebrei: dobbiamo la Legge e Gesù stesso di “razza” e religione ebraica. Ciò che per i cristiano-fascisti è un insulto, per i cristiani dovrebbe essere un merito, una ricchezza. Per protestare contro questa falsificazione della verità, in ogni chiesa si dovrebbe scrivere “Qui abita un Ebreo”. Oppure: “Qui, un ebreo e amici degli ebrei, nostri Padri nella fede”». 

Una frase che nel caso di Mondovì aveva un’accezione diversa e riecheggiava quelle usate dai nazisti durante i rastrellamenti per deportare gli ebrei.
«Hitler, Mussolini ed i loro seguaci non sono antiebraici ma semplicemente razzisti, affamati di potere e dunque di menzogne. Con questo – conclude il gesuita – non confondo il popolo ebraico con i suoi attuali capi politici. Tanti di quelli sono stati sionisti e dunque, alla fine, razzisti». 

Padre Scalia non è nuovo a simili provocazioni. In occasione della scorsa Pasqua aveva chiuso la porta d’ingresso della chiesa con un muro di mattoni e attraverso un percorso di luci che conducevano fino alla porta laterale, ha ripreso il tema dell’accoglienza.

Simona Arena

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