Ci sono volute 15 ore di confronto serrato tra il sindaco e i consiglieri comunali per esaminare la bozza del documento programmatico battezzato Salva Messina, che Cateno De Luca ha preparato e sottoposto al civico consesso per evitare il dissesto, chiedendo ai 32 consiglieri un consenso unanime per portare avanti dei provvedimenti «lacrime e sangue».
«Questo è un percorso da fare tutti insieme. Forse all’inizio qualcuno non la prenderà bene, ma vedrete che alla fine ci ringrazieranno. Soprattutto i loro figli ed i nostri figli», ha detto il primo cittadino che ha imposto l’ennesimo ultimatum: se l’aula non convergerà sul Salva Messina, le dimissioni saranno inevitabili. C’è tempo fino a lunedì per decidere, giorno in cui è stato convocato un consiglio comunale straordinario con due punti all’ordine del giorno: «Misure indifferibili per la salvaguardia degli equilibri economico-finanziari» e «dimissioni del sindaco».
La ricetta di De Luca per evitare il default è drastica e in totale prevede di recuperare 426 milioni di euro: si va da eventuali esuberi al personale di Comune e partecipate, ai tagli al trasporto pubblico e ai servizi sociali; dalla ridefinizione del piano di riequilibrio pluriennale all’affidamento ai privati del servizio di raccolta rifiuti. Come annunciato in campagna elettorale e già deciso negli scorsi giorni, l’apparato amministrativo del Comune e delle partecipate verrà rivoltato come un calzino. Si prevede la ricollocazione del personale – già disposto che decine di dipendenti di categoria A e B (le più basse) lascino gli uffici per tornare a mansioni pratiche – e la «rideterminazione delle dotazioni organiche al fine di dichiarare eventuali esuberi del personale non più utile al comune ed alle partecipate». Una rivoluzione da cui, si legge nel Salva Messina, si pensa di ricavare risorse per 50 milioni di euro.
Il sindaco intende ripartire dal piano di riequilibrio pluriennale e mette a nudo una serie di voci che, tra il 2014 e il 2017, erano state previste come entrate e che invece non si sarebbero realizzate: 30 milioni di entrate tributarie; 23 milioni dal servizio idrico Amam; 1,1 milioni dall’incremento delle luci votive; 800mila euro dal servizio di numerazione dei civici; 57mila euro dalle concessioni del mercato domenicale; 121mila euro dall’ampliamento del mercato Aldisio. Tutte risorse che non sarebbero mai entrate nelle casse del Comune, che continuano a essere di «dubbia legittimità» e che quindi vanno «eliminate» dal piano di riequilibrio pluriennale.
Un piano che quindi andrebbe ampiamente rimodulato rispetto a quello esistente e spalmato in «un arco temporale più ampio possibile». E per farlo, ricorda il documento Salva Messina, al consiglio comunale resta poco tempo, fino al 23 novembre. In realtà la giunta di Renato Accorinti aveva provato a dilazionare il piano non più su dieci anni, come è attualmente, ma sul doppio, trovando però l’opposizione del consiglio comunale che fece saltare l’iniziativa. Adesso De Luca ci riprova e, come sempre ha fatto nell’ultimo periodo, subordina la sua permanenza a Palazzo Zanca al sì del consiglio al pacchetto completo di proposte.
Il Salva Messina impone di aggiornare tutti i debiti del Comune e delle partecipate al 30 settembre 2018 e «individuare risorse e strategie per ripianarli». Ma la strada già segnata comporta lacrime e sangue: ridimensionamento e rimodulazione del servizio di trasporto pubblico, con un assaggio avuto già questa settimana con risultati deludenti e pesanti disagi sulle strade. Tradotto in numeri: si parla di minori trasferimenti per oltre trenta milioni alla municipalizzata che dovrà essere trasformata in spa. Altro taglio «di almeno il 50 per cento» si abbatterà sui servizi sociali. Già oggi De Luca ha annunciato la chiusura di Casa Serena, la struttura comunale di assistenza per anziani. E ancora si dovranno mantenere esternalizzati solo i servizi che «non è economicamente conveniente» svolgere con personale interno del Comune e delle partecipate.
Fa eccezione quello di raccolta e smaltimento dei rifiuti, al momento gestito direttamente dal Comune attraverso la partecipata Messina servizi bene comune, creata dall’amministrazione Accorinti. De Luca in questo caso prevede di affidare il servizio a privati, «avviando le procedure di gara per la gestione settennale». Alla partecipata rimarrebbe solo il monitoraggio e il controllo sul servizio rifiuti, e poi la cura del verde urbano, la gestione dei cimiteri e di tutti i servizi di decoro urbano che non possono rientrare nella Tari, inclusa la gestione dell’anagrafe animali domestici e dei ricoveri per randagi.
Verranno riorganizzati gli immobili pubblici occupati dal Comune e dalle partecipate per «eliminare i fitti passivi» per 5 milioni di euro. Dopo un nuovo censimento del patrimonio immobiliare, si punta anche a dismettere alcune strutture per un valore di otto milioni. Prevista anche la revisione della concessione, al momento gratuita, di alcuni immobili comunali all’Università di Messina. È ritenuta necessaria anche la riduzione di almeno il 50 per cento degli attuali costi di gestione degli impianti sportivi con l’affidamento pluriennale a soggetti privati e l’istituzione dell’ufficio unico delle entrate comunale finalizzato al contrasto dell’evasion. Infine è prevista la revoca di tutti i provvedimenti agevolati a carattere socio-assistenziale e allo stesso tempo l’istituzione del baratto amministrativo «finalizzato al recupero dell’evasione ed elusione corrente; al ridimensionamento del fondo crediti di dubbia esigibilità; alla riduzione dei costi per i servizi urbani».
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