«Tu devi imparare che la vita è passo passo, non è nu sdirupuni (un dirupo, ndr)». A giudicare dagli arresti dell’operazione Terzo Livello, forse si sbagliava Marco Ardizzone quando cercava di impartire lezioni di vita a Emilia Barrile che, oltre a essere la presidente del consiglio comunale di Messina sarebbe stata, stando alla ricostruzione fatta dagli inquirenti, anche il vertice ombra di due cooperative: la Peloritana Servizi e la Universo e Ambiente. In quest’ultima società, che svolge principalmente servizi di pulizia, «se la Barrile è il motore del sodalizio, l’Ardizzone ne è lo stratega, agendo di volta in volta, come ispiratore, consigliere o rafforzatore dei propositi criminali della donna», si legge nelle 172 pagine firmate dalla gip Tiziana Leanza.
Lei una paladina del popolo alla ricerca del potere, lui un pregiudicato che nei primi anni ’90 è anche stato vicino al gruppo criminale dei Mancuso. Insieme avrebbero gestito di fatto la cooperativa Universo e Ambiente (costituita nell’ottobre del 2006 e operante dal settembre del 2009); ruolo che, sulla carta, sarebbe spettato alla madre, ai cugini e altri parenti di Barrile. Estranei alla compagine sociale, sarebbero stati loro due a curare la contabilità della società, selezionare le persone da assumere, tenere i rapporti contrattuali con altre ditte e decidere la partecipazione alle gare d’appalto. Ottenendone in cambio un significativo ritorno in termini sia elettorali che economici, oltre al fatto di utilizzare il denaro della cooperativa anche per finalità esterne: dal pagamento delle bollette della luce per un patronato fino a una persona che fa le pulizie in casa di Barrile.
Fra gli enti pubblici con cui la coop ha stipulato contratti ci sono il Comune di Messina, quello di Milazzo, l’Arsenale militare di Messina (servizio mensa per 125mila euro l’anno) e la società Amam che gestisce il servizio idrico integrato per l’ente comunale del capoluogo, con la cui dirigenza Barrile avrebbe avuto un rapporto privilegiato al punto che la gara indetta per l’affidamento del servizio di pulizia per il biennio 2016-2017 si sarebbe dimostrata condizionata in favore della Universo e Ambiente. La cooperativa, infatti, inizialmente non sarebbe risultata iscritta nell’albo delle ditte fornitrici per poi essere celermente inserita negli elenchi in tempi utili per non essere esclusa.
Il filo rosso che lega la politica alla società emergerebbe anche dal picco di assunzioni – oltre cento persone – pur se con retribuzioni modeste e non tutte perfettamente in regola, negli anni in cui c’erano le consultazioni elettorali. In alcune delle conversazioni intercettate fra Barrile e Ardizzone, oltre a evincersi la consapevolezza dell’illegalità del loro operato, emerge l’imbarazzo per il conflitto di interessi dato il ruolo di presidente del Consiglio comunale che rivestiva l’esponente di centrodestra. «Ma perché tu non sai andare in ufficio e gli dici “fammi la fattura!“», la sprona Ardizzone di fronte alla necessità di reperire liquidità per i pagamenti dei dipendenti. «Se vado io che sono presidente della minchia, devo stare attenta perché dice “che interessi hai per una società?”», risponde Barrile preoccupata dell’inopportunità di recarsi in prima persona al Comune per richiedere il saldo delle spettanze in favore della cooperativa. Quando i termini del discorso si fanno troppo espliciti, è Ardizzone a richiamare Barrile a una maggiore prudenza: «Potresti evitare di fare nomi, visto che ancora sei al Comune e visto che hanno messo cimici».
Intanto, fra solleciti e titubanze, i ritardi nei pagamenti dei dipendenti si accumulano. Molti si lamentano con Barrile, anche tramite chiamate o messaggi al cellulare in cui le rinfacciano il fatto di averla votata. La situazione si fa compromettente e allora, per mitigare i rischi di far percepire all’esterno la sua compenetrazione con Universo e Ambiente, il compito di soffocare le rivendicazioni economiche dei lavoratori sarebbe stato affidato a Carmelo Pullia, dipendente della cooperativa (dopo essere stato ammesso al regime di semilibertà nell’aprile del 2013) e ritenuto vicino ai Mancuso, come Ardizzone. È proprio quest’ultimo che, messo a conoscenza delle lamentele da parte di alcuni dipendenti, utilizza un linguaggio che gli inquirenti definiscono dai «richiami tipicamente mafiosi».
Come quando, durante un colloquio con Pullia, Ardizzone dice: «Parliamoci chiaro, sei il primo (riferito a un generico lavoratore, ndr) che, appena la questura ti mette una lampada in faccia, prendi e parli. Non so se mi sono spiegato va? Quello che voglio dire… non ci possiamo portare dietro questi minchioni, perché se no per davvero uno gli deve dare un colpo di benna (parte terminale del braccio di una gru, ndr) e li caliamo tutti e quattro là sotto». Ardizzone, insomma, paragona i lavoratori che chiedevano di essere pagati a chi, messo sotto pressione dalle forze dell’ordine, decide di collaborare rompendo il muro dell’omertà e, per questo, meriterebbero la soppressione fisica. Del resto lo stesso Ardizzone ammette a Barrile di essersi «messo a riposo ma non in pensione», in riferimento, secondo i magistrati, al fatto di essersi allontanato dall’ambiente criminale messinese per una scelta volontaria che, però, non implicherebbe l’interruzione dei rapporti con quell’ambiente né l’abbandono di una certa mentalità.
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