«Non è il sindaco De Luca a passare alla storia ma il consiglio comunale a passare alla storia, per aver condiviso il percorso che rilancerà la nostra comunità». Con questo messaggio da parte del primo cittadino ai consiglieri si è chiusa così la maratona del Salva Messina, cominciata mercoledì e conclusasi ieri sera poco dopo le 20 con un risultato che solo nove mesi fa aveva visto l’ennesima sconfitta in aula dell’amministrazione Accorinti. Ieri invece il piano di riequilibrio rimodulato a vent’anni è stato approvato con 16 voti favorevoli, uno contrario (Antonella Russo, Pd) e con le astensioni di Felice Calabrò, Alessandro De Leo e del Presidente del consiglio comunale Claudio Cardile.
Adesso la bontà e sostenibilità del documento finanziario dovrà essere valutata a Roma dal ministero dell’Interno. Quella di ieri è stata una seduta di consiglio accelerata per sopperire all’appuntamento di giovedì saltato a causa della mancanza del numero legale per via di uno strano balletto di consiglieri comunali presenti nel palazzo comunale ma non nell’aula al momento dell’appello nominale. Un episodio che ha costretto a un tour de force per approvare le 19 delibere rimaste e il piano di equilibrio che la Corte dei conti aveva chiesto venisse spedito a Roma entro il 23 novembre. E così è stato.
La discussione in aula ha portato all’approvazione di molte delibere e al rinvio della trattazione di altre. Tra quelle approvate c’è quella che dispone la messa in liquidazione dell’Atm. E quella successiva che ha deciso la nascita di un’altra società, stavolta per azioni, che prenderà il posto della partecipata. A deciderlo sono stati 23 consiglieri. Serviva una maggioranza qualificata, ovvero composta dai due terzi del consiglio comunale, 21 voti favorevoli su 32. Per arrivare al quorum sono stati determinanti anche i sì di due consiglieri del gruppo M5s e dello stesso presidente dell’Aula, che di solito si astiene. Dopo aver spiegato di aver deciso di far votare due dei consiglieri sui sette dei pentastellati per non essere additati come «coloro che vogliono lo sfascio della città», i cinquestelle hanno lasciato l’aula e non hanno votato il piano di riequilibrio. Hanno sempre ribadito in questi mesi che sarebbe stato meglio dichiarare il dissesto e sono certi che lo farà la Corte dei Conti.
A convincere l’aula che non si potesse salvare l’Atm è stata la nota dell’Inps arrivata in risposta alla richiesta di Palazzo Zanca sull’assenza del Durc, il documento che attesta la regolarità dei contributi ai dipendenti. Si è così scoperto che l’Atm da anni non ha prodotto il documento che deve essere presentato ogni qualvolta deve incassare somme da un ente pubblico, in questo caso il Comune, perché da cinque anni non pagava neanche i contributi ai lavoratori. «All’Atm ci sono 80 milioni di euro di debiti, io ho dovuto firmare una cartella esattoriale da 10 milioni di euro, mi sono assunto una responsabilità grandissima, ora tocca all’Aula – ha spiegato De Luca – Senza la liquidazione noi non possiamo pagare gli stipendi».
L’aula ha invece scelto di rimandare la trattazione delle delibere su Messina servizi bene comune. Sono state ritirate alla luce del parere emesso dalla segretaria generale del Comune, Rosanna Carrubba, che dopo la dichiarazione di fallimento di Messinambiente ritiene sia applicabile la legge Madia e quindi sia necessario metter in liquidazione anche la nuova società e affidare il servizio di raccolta dei rifiuti ai privati. L’aula ha deciso di rimandare la discussione approvando con 15 sì, un astenuto e un contrario la mozione presentata dal oonsigliere Alessandro Russo, che prevede la richiesta di un parere alla Corte dei conti per capire se la legge Madia sia o meno obbligatoria da applicare in questo caso.
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