Avrebbe fatto
pressioni su dirigenti e fuzionari del Comune con l’intento di favorire le imprese a lei vicine. Questa la pesante accusa rivolta dalla procura di Messina a Emilia Barrile, ex presidente del consiglio comunale arrestata questa mattina nell’ambito dell’operazione Terzo livello. Barrile, che a giugno ha tentato in solitaria la corsa a prima cittadina del capoluogo dopo avere rotto con l’area dell’ex parlamentare Francantonio Genovese e in aperta polemica con il commissario forzista Gianfranco Miccichè, è accusata di associazione a delinquere.
Nell’operazione, condotta dal personale della Dia di Messina e Catania, sono coinvolti anche diversi
imprenditori ed ex esponenti delle società partecipate del Comune, come nel caso dell’Atm. Numerosi i sequestri disposti dalla procura. Gli aiuti garantiti da Barrile avrebbero riguardato l’agevolazione delle pratiche a discapito dei concorrenti. In un caso avrebbe fatto in modo di ostacolare l’apertura di un negozio in una zona dove già operava un amico. «Le indagini – scrive il gip – rivelano la consuetudine della Barrile allo sfruttamento del potere di influenza che deriva dal ruolo pubblico per esercitare pressioni su dirigenti e funzionari del Comune per garantire il pronto soddisfacimento di interessi privati facenti capo a un ristretto gruppo di imprenditori cittadini a lei collegati da un inquietante logica del do ut des, essenzialmente costituito con prospettiva di ritorno sia elettorale che di assunzioni di parenti vicini presso attività imprenditoriali».
Stando alle ricostruzioni fatte dagli inquirenti, Barrile sarebbe stato il
vertice di due coop – la Peloritana Servizi e la Universo Ambiente – ufficialmente intestate a prestanome. La politica avrebbe anche beneficiato di contatti con persone coinvolte in inchiesta sulle cosche locali, per ottenere la gestione di alcuni servizi di ristorazione e di vigilanza all’interno dello stadio messinese. In tal senso gli inquirenti sottolineano i rapporti tra Barrile e il 46enne Marco Ardizzone, pregiudicato, nei primi anni 90 vicino al locale gruppo criminale dei Mancuso, che controlla il rione Gravitelli. L’esponente di centrodestra avrebbe inoltre favorito l’assunzione in una delle due cooperative di Carmelo Pullia, anche lui vicino ai Mancuso.
Al centro dell’operazione anche Vincenzo Pergolizzi, 65enne contiguo alla famiglia mafiosa dei barcellonesi, nel cui passato ci sono vent’anni di detenzione. L’uomo attraverso parenti e persone di fiducia avrebbe tentato di sottrarre «il patrimonio immobiliare delle società a lui riferibili, e al contempo frustrare il recupero coattivo del credito erariale da cui le stesse sono gravate, quasi un milione di euro accertato dovuto all’erario». Per riuscirci Pergolizzi si sarebbe dedicato a trasformare le società intestandole ai familiari e a inscenare «fittizie controversie lavorative con dipendenti di fiducia, al fine di svuotare fraudolentemente le proprie società di beni e capitali». Il gip ha disposto una custodia cautelare in carcere, dieci ai domiciliari, tra i quali proprio Barrile, e due interdizioni. Disposto il sequestro di beni del valore complessivo di circa 35 milioni di euro.
Le misure cautelari
In carcere:
PERGOLIZZI Vincenzo, classe ‘53
Ai domiciliari:
BARRILE Emilia, classe ‘70
ARDIZZONE Marco, classe ‘72
CLEMENTE Francesco, classe ‘67
PERGOLIZZI Stefania, classe ‘78
PERGOLIZZI Sonia, classe ‘80
CORDARO Carmelo, classe ‘60
ADIGE Michele, classe ‘80
MERLINO Vincenza, classe ‘64
PULLIA Carmelo, classe ‘68
LUCIANO Giovanni, classe ‘65
Sospensione dal pubblico ufficio per la durata di sei mesi:
DE ALMAGRO Daniele, classe ‘65
Divieto temporaneo, per la durata di sei mesi, di esercitare attività imprenditoriali:
FIORINO Antonio, classe ‘66
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