«Una scomunica? Una sanzione disciplinare? I tempi non sono più quelli di cui parla quel prete. Crediamo sia più convincente un dialogo fraterno». Mentre su Facebook i catanesi e non solo continuano a indignarsi per il caso di don Antonio Lo Curto e della messa da lui celebrata in suffragio di Benito Mussolini, l’eco della polemica non sembra essere arrivata all’interno della diocesi di Catania. E’ tranquillo monsignor Agatino Caruso, vicario generale, quando ci riceve. «Il Rettore di San Gaetano alle Grotte ha detto che la curia era stata informata? Non so se l’arcivescovo sapesse qualcosa, ma ne dubito – dice – Personalmente non ne ero a conoscenza». Il monsignore non tradisce nessuna emozione nemmeno nel resto della conversazione. Solo gli occhi, ogni tanto, si spalancano nell’apprendere dell’apprezzamento di padre Lo Curto per il saluto romano. O del suo sogno in cui comparivano i membri dell’attuale governo impiccati sull’Altare della patria. Lo Curto, d’altronde, sembra essere conosciuto nell’ambiente ecclesiastico per le sue intemperanze. L’impressione – non confermata ufficialmente – è che stavolta abbia esagerato. Ma nella curia etnea nessuno intende farne un caso.
Premesso di non conoscere la vicenda – nonostante si ripeta da anni -, monsignor Caruso preferisce non entrare nel merito. La questione per lui è già chiara a livello generale. «Il prete non è padrone della messa – spiega – I gesti e i comportamenti da adottare sono scritti nelle liturgie e al di là di questi non è mai opportuno andare». Che si tratti di un saluto romano o di qualunque altra iniziativa. Neanche sull’opportunità o meno di una messa in suffragio di un dittatore sembrano esserci regole fisse. «Non bisogna certo chiedere un permesso per celebrare una funzione commemorativa – dice Caruso – Anche se, in casi delicati, ci si consulta». In fondo, comunque, «si tratta di una responsabilità personale del sacerdote», sottolinea il vicario. Sulla quale la curia non intende interferire. Nemmeno sotto richiesta dei cittadini – fedeli e non – che in queste ore affidano la loro indignazione ai social network. Tra di loro c’è anche chi ha scritto proprio nella pagina Facebook dell’arcidiocesi etnea riferendosi alla vicenda: «Fa rabbrividire ogni cristiano!», scrive Fabrizio Cappuccio. «Una vergogna», gli fa eco Davide Drago. Un malcontento che però non preoccupa monsignor Caruso: «La fede non è più un fatto sociale, ma personale. La cristianità non esiste più». Che ciascuno trovi da solo la propria risposta, insomma.
I giudizi di padre Lo Curto sull’attuale situazione politica – i quali, piuttosto che dalla carità cristiana, sembrano ispirati dalla rabbia di un capopopolo e per di più espressi durante un’omelia – anche questi non scuotono monsignor Caruso: «L’omelia è la spiegazione del vangelo – spiega il vicario – Un discorso che può attingere a esempi attuali, ma sempre positivi e che esortino a fare il bene e mai con giudizi personali».
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