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Camerati, attenti! Per il duce d’Italia Benito Mussolini…», «Presente!». «Per i caduti della Repubblica sociale…», «Presente!». «Per tutti i martiri fascisti…», «Presente!». Sono almeno una trentina le braccia alzate che rispondono con il saluto romano rivolto verso l’altare della chiesa di Santa Caterina, in via Umberto, alla chiamata di un uomo con la testa rasata. L’occasione è la messa in suffragio di Benito Mussolini che, come ogni anno, si tiene a Catania il 28 aprile, giorno della morte del dittatore fascista. Dentro, i banchi sono tutti pieni. Così come le navate e il fondo della chiesa. C’è anche chi resta fuori per la troppa ressa. A celebrare l’omelia davanti a un centinaio di persone è padre Salvatore Lo Cascio, chiacchierato ex parroco di Librino e padre spirituale del defunto boss di Cosa nostra Giuseppe Ercolano.
Durante la celebrazione, ad affiancare il religioso – nominato rettore della chiesa di Santa Caterina – è un uomo vestito di bianco (forse un diacono o un chierichetto adulto). Durante gli appelli ai camerati, Lo Cascio sorride per poi voltarsi, mentre il suo assistente partecipa con il braccio disteso verso l’alto. Tutto si svolge alla fine di una funzione che, eccetto la formula di rito «in suffragio del defunto Benito e di tutti i martiri», non farebbe parlare di sé. Anche l’omelia appare sobria, incentrata sul peccato e sulla sua remissione dopo la morte. Ma, dopo la benedizione solenne, a prendere la parola è Francesco Condorelli Caff, avvocato e volto di primo piano del partito politico Fiamma Tricolore in Sicilia.
«Non ce ne possiamo andare così, bisogna dire due parole sul perché siamo qui», comincia. E, citando «uno
Stato asservito ai poteri forti», invita «il popolo italiano» a rendersi conto che «siamo alla feccia». Per poi cedere la parola a un altro camerata. «Ringrazio padre Lo Cascio per l’ospitalità e Condorelli Caff, camerata anziano», prende la parola. In fondo alla chiesa ci si scambia qualche occhiata di complicità e c’è chi invita il vicino a restare e a prestare attenzione. «Volevo concludere questa messa in suffragio – continua l’uomo – chiamando i presenti sia per Benito Mussolini sia per tutti i martiri fascisti che hanno dato la vita». Tre chiamate e altrettanti saluti romani dopo, il gruppo si scioglie.
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