I Tribunali amministrativi del Lazio e di Palermo hanno riconosciuto le irregolarità dei test di accesso a Medicina svolti nelle università del capoluogo siciliano, di Messina e di Catania. Hanno accolto il ricorso di circa 50 studenti isolani, riconoscendo che le procedure seguite hanno violato il principio dell’anonimato. L’11 settembre i giudici, in ordinanze diverse ma identiche nel merito, hanno riconosciuto che il codice alfanumerico presente sul kit – comprendente la scheda anagrafica, il modulo delle risposte e il questionario – rende identificabili i candidati. «Le istruzioni del ministero parlano genericamente di codice a barre univoco – spiega l’avvocato Santi Elia che insieme a Michele Bonetti ha presentato il ricorso – mentre quello che compare sulle buste è un elemento lesivo della segretezza del test». Il Tar di Palermo ha così riammesso 20 studenti, quello del Lazio una trentina di candidati che hanno effettuato la prova negli atenei di Messina e Catania. In totale, tra luglio e settembre in tutta Italia sono stati circa 2.500 i riammessi. Tutti avranno così diritto ad accedere al corso di laurea di Medicina, andando a sommarsi a quelli che hanno superato regolarmente la prova.
Nei mesi scorsi anche l’Udu (Unione degli universitari) aveva presentato un ricorso al Tar di Palermo contestando, sempre per quanto riguarda i test di Medicina dello scorso aprile, la violazione del principio di anonimato. In quel caso il tribunale siciliano si è dichiarato incompetente, passando la palla al Tar del Lazio, davanti a cui pendono ancora 219 ricorsi presentati dall’Udu e riguardanti studenti catanesi. La sentenza è attesa per il 9 ottobre.
Perché dunque l’11 settembre il tribunale amministrativo di Palermo si è espresso accogliendo i ricorsi presentati dagli avvocati Elia e Bonetti? «Abbiamo seguito uno schema diverso, prestando attenzione a un elemento tecnico decisivo – spiega Elia – Gli altri hanno impugnato gli atti ministeriali, le indicazioni partite da Roma. In questo caso la competenza spetta al Tar del Lazio. Noi contestiamo il fatto che la commissione dell’università di Palermo avrebbe dovuto bloccare la prova, dopo aver verificato che nei kit era presente un codice alfanumerico di cui invece le indicazioni ministeriali non parlano».
È evidente che il cavillo, ritenuto legittimo dal giudice di Palermo, avrà ripercussioni in altri atenei, dato che i kit contenenti le prove sono uguali in tutta Italia e sono partite dal centro Cineca di Bologna. Come detto, molti ricorsi sono stati accolti dal Tar del Lazione, ma le recenti ordinanze aprono la strada anche ad altri ricorsi. «Il fatto che migliaia di studenti saranno reintegrati – conclude l’avvocato Elia – non rappresenta un problema per il sistema universitario, visto che già l’anno scorso cinquemila persone sono state riammesse ai corsi di laurea di Medicina a seguito delle decisioni dei giudici».
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