Ieri all’Ospedale Civico di Palermo – una delle più grandi Aziende sanitarie della Sicilia – medici e infermieri del Pronto Soccorso sono stati aggrediti da pazienti inviperiti. In genere, la gente si innervosisce per le troppe ore di attesa. Ieri, invece, i parenti lamentavano un’errata interpretazione dello stato patologico del proprio congiunto: avrebbero voluto che fosse visitato subito, ma gli addetti al triage non gli hanno assegnato il codice rosso che, com’è noto, consente al paziente di entrare d’urgenza nella sala visite.
La gente che si reca nei Pronto Soccorso – e questo non succede solo in Sicilia, ma anche in altre parti d’Italia – pensa che i ritardi nelle visite siano da imputare al personale medico, infermieristico e, in generale, parasanitario. Sarebbe, invece, interessante analizzare meglio quali potrebbero essere le ragioni di possibili disservizi, soprattutto in Sicilia.
Intanto sarebbe opportuna una corretta verifica delle piante organiche. Per accertare se qualcuno non ha affermato il falso in dichiarazioni o, peggio, in documenti ufficiali. Ci riferiamo, insomma, al numero di medici e di infermieri che prestano servizio nei Pronto Soccorso della Sicilia: le piante organiche vengono rispettate alla lettera o si lavora con personale in meno? Questi dati andrebbero verificati e diffusi sui mezzi d’informazione. Tanto per fare chiarezza con i cittadini.
La verifica non andrebbe fatta con la semplice lettura delle carte, ma con la testimonianza di medici e infermieri. Per accertare la perfetta coincidenza tra quanto scritto nei documenti ufficiali e quanto avviene nella realtà.
Ai cittadini siciliani, poi, andrebbe ribadito che, dal 2009 ad oggi, la politica siciliana – Governo e Assemblea regionale – hanno deciso, con atti di Governo e con leggi, di tagliare alcune strutture ospedaliere pubbliche in cambio della cosiddetta medicina del territorio. Ai siciliani è stato detto che la sanità pubblica avrebbe ridotto – in alcuni casi drasticamente – strutture e servizi negli ospedali pubblici. Contestualmente, l’Amministrazione regionale si impegnava a istituire i Pta (Punti territoriali di assistenza) e i Pte (Punti territoriali di emergenza).
Queste nuove strutture sanitarie dislocate nei territorio avrebbero dovuto ridurre la pressione della popolazione negli ospedali pubblici. I Pte, in particolare, avrebbero dovuto intercettare una parte consistente del flusso di pazienti che si dirige ordinariamente nei Pronto Soccorso (in alcune Regioni italiane, più evolute da un punto di vista sanitario e organizzativo, i medici di famiglia collaborano con Pta e Pte, contribuendo ad abbattere notevolmente il lavoro dei Pronto Soccorso: in Emilia Romagna, ad esempio, si lavora così).
Il problema – come ripetutamente denunciato da alcune organizzazioni sindacali, con in testa la Cgil Medici della Sicilia – è che la medicina del territorio, nella nostra Isola, tranne poche eccezioni (peraltro non sempre eccellenti non per responsabilità dei medici e degli infermieri, ma della politica che le organizza male: leggere al risparmio), è rimasta un miraggio.
Il risultato ovvio è che le strutture sanitarie pubbliche siciliane sono sempre più carenti perché, come già ricordato, sono state ridotte. Mentre il caos – soprattutto nei Pronto Soccorso – è aumentato perché, a parità di utenza, le risorse umane e strutturali sono oggi in molti casi insufficienti.
La responsabilità di tutto quello che sta accadendo – anche con riferimento al nervosismo degli utenti che si registra nei Pronto Soccorso – è della politica siciliana che, dal 2009 ad oggi, prende in giro i cittadini, non mantenendo gli impegni assunti.
L’assessore regionale alla Salute, Lucia Borsellino, non può certo tirarsi fuori dai problemi della sanità siciliana e, in particolare, dal caos che si registra in tanti Pronto Soccorso dell’Isola. La dottoressa Borsellino è stata accanto all’ex assessore alla Salute, Massimo Russo, quando iniziava il piano di razionalizzazione delle strutture sanitarie con la presa in giro della medicina del territorio. E’ stata dirigente generale di questo assessorato. Ed oggi, per l’appunto, è assessore regionale.
Diciamo di più. In molti Pronto Soccorso dell’Isola si registra una difficoltà, ormai cronica, a ricoverare i pazienti per mancanza di posti letto: quei posti letto che la politica siciliana ha continuato ininterrottamente a ridurre. Tanto che, sempre in alcuni Pronto Soccorso, sono state allestite particolari sale – stanze di osservazione – dove i pazienti vengono sistemati su lettighe più o meno comode, tipo cinque-sei pazienti per ogni stanza, con un solo bagno per tutti, uomini e donne, senza tv, con un servizio che definire approssimativo è un eufemismo. Pazienti che possono rimanere in osservazione da qualche ora a due-tre giorni prima di essere dimessi o ricoverati.
Quelli che stazionano poche ore sono i pazienti che attendono l’esito degli esami clinici per essere dimessi. Mentre quelli che rimangono più tempo nella stanze di osservazione sono pazienti che dovrebbero essere ricoverati nei posti letto che è ormai difficile trovare.
Tutto questo rallenta di molto il lavoro dei medici di Pronto Soccorso, perché, oltre a svolgere il proprio compito di medico di accettazione e urgenza, si trovano spesso a svolgere – a volte per ore – il compito di medico di reparto che rivaluta malati e imposta terapie a malati di fatto ricoverati. La gente questo non lo sa e pensa che i medici dei Pronto Soccorso lavorano poco. Invece non è così.
Dunque assenza quasi generale della medicina del territorio degna di questo nome. A fronte di strutture sanitarie pubbliche sempre più carenti, rese tali da scelte politiche sbagliate e da promesse non mantenute. E, spesso, lavoro in accesso per il personale dei Pronto Soccorso. Da qui i ritardi nelle visite. E il nervosismo degli utenti. Che sempre più spesso dà luogo a violenza.
E’ in questo scenario che si inserisce il tentativo maldestro di ridurre ulteriormente i posti letto della sanità siciliana. Ci ha provato l’assessore Borsellino. Ma la Commissione Sanità dell’Ars ha bocciato la manovra.
I posti letto che vorrebbero tagliare sono 400: 250 nel pubblico e 150 nel privato. Omettendo di dire che i 150 posti del privato sono frutto della convenzione tra Regione e sanità privata: quindi un taglio di altri 150 posti letto pubblici, se è vero che la sanità privata convenzionata altro non è che un prolungamento della sanità pubblica. Andrebbero semmai verificati gli accessi nei posti letto della sanità privata, per accertare quale sia il rapporto tra ricoveri decisi dalle strutture sanitarie private e ricoveri indicati dai Pronto Soccorso. Avendo cura di far notare ai gestori della sanità privata convenzionata che i secondi – i ricoveri disposti dai Pronto Soccorso – debbono avere la preminenza e la prevalenza sui ricoveri disposti dagli stessi privati a spese del pubblico.
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