Mediatrice culturale uccisa dopo essere rientrata tardi Ergastolo per il marito, l’aveva colpita con un bastone

È stato condannato all’ergastolo Faouzi Dridi, che il 4 settembre 2015 ha ucciso a colpi di bastone la moglie Omayma Benghaloum. Lo ha deciso la Corte d’Assise del tribunale di Messina (presidente Nunzio Trovato, a latere Giuseppe Miraglia) che ha accolto la richiesta del pubblico ministero Pietro Vinci. 

L’omicidio di Omayma si consumò nella casa di Sperone dove viveva la coppia insieme alle quattro figlie, che dormivano quando il padre colpì la 33enne tunisina. Come ricostruito dagli investigatori della polizia di Stato, unica colpa di Omayma era stata rientrare tardi dal lavoro due giorni prima. La donna lavorava come mediatrice linguistica alla Questura. C’era stato uno sbarco di migranti e Omayma aveva ritardato a rincasare rientrando dopo la mezzanotte. I suoi colleghi quella sera notarono il suo nervosismo. Sapeva che il marito non gradiva che lei lavorasse fino a tardi e temeva un suo scatto di violenza. Proprio pochi giorni prima aveva trovato il coraggio di denunciarlo per maltrattamenti, ma alla fine aveva ritirato la denuncia. 

La sera dell’omicidio, Faouzi Dridi, dopo averle tolto la vita colpendola una sola volta con un grosso bastone, aveva fatto alzare dal letto le quattro figlie, la più piccola di soli due anni, e le aveva portate al commissariato Messina Nord per costituirsi. Proprio lì dove lavorava la moglie, l’uomo ha raccontato di averla uccisa. La Corte d’Assise ha condannato Dridi anche al risarcimento alle parti civili da liquidarsi in separata sede civile disponendo anche una provvisionale di diecimila euro per ogni familiare costituito parte civile. I giudici hanno poi liquidato una provvisionale di 2.500 euro per il Cedav Onlus Centro donne antiviolenza.

Simona Arena

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