Mauro Rostagno al festival del giornalismo Da Torino a Trapani, una storia da raccontare

Mauro Rostagno operaio, leader sessantottino, fondatore di Lotta Continua, artefice del centro sociale milanese Macondo. E ancora Rostagno Sanatano (il nome indiano che scelse quando diventò un arancione, ndr) , padre, marito e giornalista. E nel frattempo le fermate sul mappamondo sono tante: Torino, Trento, Palermo, Milano, Roma, India, per finire a Valderice, Trapani, Sicilia, dove viene ucciso dalla mafia il 26 settembre del 1988, a 46 anni, mentre torna a casa dopo un’altra giornata di lavoro passata a denunciare e irridere mafiosi e massoni locali alla televisione Radio Tele Cine. Si trova per intero, la vita di Mauro Rostagno nei lavori premiati ieri al Festival internazionale del giornalismo di Perugia per il concorso Una storia ancora da raccontare. Nel 2011 dedicato a Peppino Impastato, quest’anno al sociologo torinese. Gli autori sono giovani giornalisti under trenta di tutta Italia.

«Mauro Rostagno si era trovato a Trapani, e per farlo si era cercato a Trento, a Milano, in India – scrive Francesca Polistina nell’articolo che ha vinto il primo premio per la categoria carta stampata – Faceva il giornalista e diceva così: vorrei un giornalismo che va alla ricerca dello straordinario frugando nell’ordinarietà, nel mondo comune, vicino, quotidiano. Un giornalismo che rifugge dalle generalizzazioni e che affronta il particolare, lo specifico, il caso unico».

A vincere nella categoria video è stato invece Davide Pecorelli, torinese come Rostagno, classe 1982, col video Na Camurrìa. L’unico concorrente, scrive la commissione giudicatrice di cui fa parte anche Maddalena, la figlia di Mauro, «a trattare con attenzione lodevole la vicenda processuale». Processo che, ventidue anni dopo l’omicidio, è iniziato a Trapani nel febbraio del 2011 e che vede imputati il boss Vincenzo Virga, come mandante e Vito Mazzara come esecutore materiale del delitto.

Al secondo posto si sono piazzati quattro ragazzi siciliani, col video Sanatano. Saul Caia, Andrea Ossino e Federico Zanghì, di Siracusa, insieme a Diego Gandolfo, trapanese. «Rostagno è la storia di Trapani, dopo la Madonna è l’eroe laico della città» racconta Diego che vive a Bologna e divide le sue giornate tra l’attività di ricercatore all’università e quella di giornalista freelance. «Ma non esagero se dico che questo video è stata una svolta nella mia vita – continua – un’esperienza energetica unica. Mauro diceva di aver scelto la Sicilia perché qui voleva invecchiare, farsi crescere la barba bianca. Ora ho un pallino in testa: tornare». Se Diego vive a Bologna, Federico Zanghì fa il regista a Bruxelles, Andrea Ossino è freelance a Roma. L’unico ad essere rimasto in Sicilia è Saul Caia, che vive e lavora come giornalista a Catania. Hanno trascorso cinque giorni a Trapani, nei luoghi che furono di Mauro Rostagno: la comunità terapeutica per tossicodipendenti Saman, la sede della televisione Rtc, le strade dove il giornalista torinese ogni giorno incontrava e dava voce ai cittadini. Luoghi oggi abbandonati, vuoti e silenziosi. «Simboli della decadenza di Trapani che dopo Mauro non si è saputa risollevare» sottolinea Saul.

Menzione speciale per il video Mauro acchiappava notizie di Paolo Maggioni, che per raccontare Rostagno ha scelto la storia di un maestro elementare precario della provincia di Crema che, oltre all’italiano e alla geografia, insegna ai bambini la lotta alla mafia. «Uno dei primi nomi che leggiamo nell’agenda antimafia, il 26 settembre, è quello di Mauro Rostagno» spiega nel video il maestro. «Un taglio originale – scrive la commissione nella motivazione del premio – che ricorda l’importanza e l’attualità del messaggio di Mauro per le nuove generazioni».

[Foto di Processo per l’omicidio di Mauro Rostagno]

 

Salvo Catalano

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