Politica, servizi segreti, criminalità organizzata. Tutti gli elementi di un perfetto mistero all’italiana. Lungo 42 anni. E’ la storia di Mauro De Mauro, giornalista del quotidiano L’Ora di Palermo, scomparso la sera del 16 settembre 1970. Davanti casa, sotto gli occhi della figlia, a bordo della sua stessa Bmw blu scuro. E mai più ritrovato. Una vicenda rimasta senza colpevoli e «che è ormai diventata solo un caso di scuola: di giornalismo, di misteri italiani, di lupara bianca – commenta Giuseppe Pipitone, giovane cronista giudiziario siciliano autore del libro Il caso De Mauro – Se n’è parlato talmente tanto che è scomparsa la persona al centro. E’ il caso De Mauro e non Mauro De Mauro». Se n’è parlato tanto eppure molto è ancora oscuro. Personaggi, vicende e depistaggi che ruotano attorno a quei giorni di 41 anni fa mai del tutto chiariti. Ed è proprio quello che cerca di fare Pipitone nel suo libro, che verrà presentato oggi alle 18.30 alla libreria Feltrinelli di Catania insieme ai giornalisti Claudio Fava e Luciano Mirone. A moderare l’incontro, Claudia Campese di CTzen.
«Quello di De Mauro è il paradigma del delitto di Stato – continua l’autore – Con i vertici della politica e dei servizi segreti italiani che si muovono per depistare le indagini e importanti documenti scomparsi dagli archivi di Stato». Non un semplice delitto di mafia quindi: De Mauro, nella ricostruzione di Pipitone, aveva scoperto interessi più grossi. Verità che avrebbero portato vicino il giornalista a scoprire «uno tra i più grandi ricatti dell’Italia moderna: la morte del presidente dell’Eni Enrico Mattei». Ufficialmente deceduto nel 1962 in un incidente aereo nel suo viaggio di ritorno dalla Sicilia, ma forse no. Forse sarebbe stato lo stesso Mattei la prima vittima di questo intreccio politico-economico e Mauro De Mauro lo avrebbe scoperto. In entrambi i casi, entra in gioco la mafia. Non come soggetto autonomo, ma come «service dell’orrore», nella definizione di Pipitone, per mandanti vicini agli ambienti istituzionali.
«Mafia e Stato vengono sempre raccontati come indiani contro cow boy – spiega l’autore – Ma in casi come questi, sono due facce della stessa medaglia». La giustizia non ha mai trovato un petto colpevole a cui appuntarla. Il processo si è chiuso con l’assoluzione dell’unico imputato: Totò Riina. «E se anche fosse stato condannato, ormai si sarebbe trattato di fare solo pagine di storia», dice Pipitone. Sono troppi quarant’anni e «cinque, seimila pagine da rendere accessibili ai lettori, la parte più difficile del libro» per avere giustizia. E sembrano essersi rassegnati anche i familiari di De Mauro – la moglie e le due figlie – di cui nel libro di Pipitone si trovano stralci di interviste esclusive. «Ormai è una storia lontana nel tempo, non hai più quel timore reverenziale che si prova a intervistare le famiglie di vittime di mafia», spiega l’autore.
Di tutto questo e altro ancora si parlerà oggi pomeriggio alla Feltrinelli durante la presentazione del libro. Nato dalla tesi di laurea dell’autore – in Comunicazione, a Palermo – ma che affonda le sue radici nell’infanzia di Pipitone. «Quella di De Mauro è una storia che mi raccontava mio nonno quando avevo sei anni – spiega – Come una favoletta di un uomo coraggioso, scomparso nel nulla. Ma De Mauro non era un eroe. Era un uomo, un pasionario». Dalla passione per il Fascismo a quella per il giornalismo, luci e ombre di un personaggio la cui vicenda ha fatto un pezzo di storia siciliana e nazionale.
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