Mattia Iachino Serpotta si racconta

Siamo veramente felici di annunciarne la presenza sui nostri canali, ma siamo soprattutto lieti di presentare il suo primo, e dice lui ultimo, libro. Stiamo parlando di Mattia Iachino Serpotta, l’uomo che sussurrava a Gianni Morandi, a Enrico Mentana e ogni tanto pure ad Alitalia ed Easy Jet.

Ufficialmente conosciuto come avvocato, Mattia ha una passione che trova inizialmente sfogo sui social, ma sappiamo che da «imprenditore di me stesso» a «vive in una relazione complicata» a scrivere un libro, il passo è breve. 

Famoso per aver sdoganato la perdita di dignità dell’uomo fidanzato da quando a Catania ha aperto Ikea, per aver parlato per primo dei fruttariani, per aver avvistato dei Pokemon alla timpa e soprattutto per essere autore, non troppo segreto, del celebre aforisma del romanticismo 2.0:  «Lui è mio, abbola scupina», oggi, qui per Meridionews, gli chiediamo perché è passato dai social ai libri.

Quando nasce l’idea del libro?

Ho iniziato a scrivere sui social, molti anni fa. Ma ho sempre sofferto l’esigenza di sintesi. Sui social, se superi le cinque righe, la gente lancia il telefonino dalla finestra. Quindi, mi è venuta l’idea del libro. Siccome sono un vile, oltre che pigro, scrivevo un capitolo e poi mi fermavo per mesi. Poi, è successa una cosa.

Cosa?

Ho saputo che sarei diventato padre. E allora mi è venuta voglia di lasciare qualcosa a mia figlia, qualcosa che potrà rileggere anche tra 30, 40 anni, e che le possa dire chi è o chi era suo padre.

«Non era meglio lasciarle un appartamento?», le ha obiettato Gino Astorina alla presentazione del libro?

Su quello ci sto lavorando. Solo che in questo momento, questo grande senso di responsabilità che ho nei suoi confronti, aumenta una delle mie tante paure. Quella di morire.

Come la vive questa paura?

Guardi, io vivo realmente come se dovessi morire domani, ma penso proprio che accadrà. La cosa assurda è che sto per sposare una donna che ha una paura assolutamente complementare alla mia. Lei non ha paura di morire, ma ha paura che muoia io. Quindi, tutte le mattine, ci sono due persone che hanno la stessa paura. E queste persone siamo io e la mia futura moglie. E io affronto la vita schivando queste pietre che idealmente cadono dal cielo. Io non vivo, vado avanti.

Di cosa parla il libro?

Se mi fa questa domanda, è evidente che io e lei ci siamo messi d’accordo sul testo di questa intervista. La riformuli.

Perché il titolo La gente non stanno bene?

Le persone non si incontrano mai per caso, ma per casi. Mi piaceva un titolo che esprimesse un concetto. E cioè che non bisogna vergognarsi a confessare di avere una paura, una stranezza, una difficoltà relazionale o di comportamento. Ecco, essere parte di un gruppo di persone che stanno male, lo dico ovviamente in senso atecnico, come quelle che ho descritto nel libro, in molti casi in modo autobiografico, ti fa sentire meno solo.

Nel libro, si parla di persone strane, folli, anormali, ma se ne parla in chiave ironica. Perché?

La follia, lo dico anche qui in senso non clinico, ha in comune con la comicità l’imprevedibilità. La battuta fa ridere perché contiene qualcosa di improvviso, che non ci aspettavamo. Le persone strane ci attraggono per la stessa ragione.

Ci dica una ragione per cui comprare il libro?

Devo comprare il latte a mia figlia. 

Redazione

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