L’ennesimo consiglio comunale di Gela sull’Eni, ancora alla presenza di un centinaio di operai dell’indotto, ieri sera è iniziato con un colpo di scena. «Non siamo prigionieri di nessuno», ha esordito il capogruppo del Pd Vincenzo Cirignotta. Per poi annunciare l’autosospensione di tutti i consiglieri dem dal partito democratico, «fino a quando il governo nazionale non ridarà dignità alla città». «Non sono schiavo del mio partito», ha aggiunto il renziano Giuseppe Ventura, recentemente al centro delle polemiche per una visita, insieme ad altri colleghi consiliari, a Palazzo Grazioli, residenza romana di Silvio Berlusconi. «Prima di tutto sono un cittadino e non si può accettare che si tradisca Gela».
Oltre Matteo Renzi l’altro politico sul banco degli imputati è il governatore Rosario Crocetta. «Non possiamo permettere al presidente della Regione di commissariare questa città», ha aggiunto il consigliere del Polo Civico Guido Siragusa. Ma oltre le accuse dall’aula consiliare non è venuto poi fuori molto. Se non un generale clima di impotenza, ben sintetizzato dalla richiesta finale di dimissioni dell’esponente del Megafono Giuseppe Guastella. «O risolviamo la questione o ce ne andiamo tutti a casa». I tanti operai hanno prima rumoreggiato e poi abbandonato alla chetichella l’aula. «Cos’è che volete?», ha urlato Ciccio Cacici, che fa parte del movimento spontaneo dei lavoratori. «Non è venuta fuori neanche una proposta politica», ha chiosato il consigliere ex Pd Giacomo Gulizzi. L’amministrazione comunale ha invitato ad attendere i prossimi tavoli. «Mai avuto toni trionfalistici – ha detto il sindaco Domenico Messinese -. Noi non abbiamo cercato colpevoli ma soluzioni. Crocetta a volte è sembrato più un freno che un acceleratore. Invito tutti ad aspettare le date del 18 e del 24 febbraio, quando ci saranno gli incontri che dovranno sbloccare le autorizzazioni per i primi cantieri».
Così gli operai dell’indotto sono andati a casa ancora una volta a bocca asciutta. Cercavano risposte, hanno ottenuto rinvii. «Di Gela si parla grazie a noi, non certo grazie a voi», ha detto Pierangelo, metalmeccanico della Smim impianti, al primo cittadino. I lavoratori poi se la sono presa pure coi sindacati. Colpevoli, a loro modo di vedere, di averli fatti spostare dai presidi davanti il gasdotto e gli accessi della Raffineria per permettere agli impianti di rimettersi in marcia. «Continuano a manovrarci». Un’accusa che questa mattina gli stessi confederali hanno respinto con forza. «In realtà già sabato scorso il fronte si stava spaccando. Così invece i lavoratori si sono ricompattati – ha spiegato il segretario generale della Cgil Ignazio Giudice -. Sulla strada statale 626 (che collega Gela a Caltanissetta ndr) da ieri ci sono i chimici e i lavoratori del diretto».
Alla stampa poi è stata annunciata la prossima iniziativa dei confederali. Ovvero centomila cartoline già stampate e da far firmare alla popolazione non solo di Gela ma del comprensorio per poi mandarle al presidente del consiglio. #Matteocambiaverso è il messaggio inviato, che riprende un celebre slogan di una campagna pubblicitaria del premier. Si potrà firmare in tutti i presidi rimasti: al centro Oli, al Comune e sulla collegamento per Caltanissetta. Previsti anche dei gazebo in piazza Umberto I. Tra i presenti qualcuno suggerisce già una possibile dedica: «Mattei costruisce, Matteo distrugge».
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