Matteo Renzi al Comune, tra passerella e tafferugli «Elefante etneo, tenace e laborioso, simbolo dell’Italia»

«È inutile fare l’elenco delle cose che fai, se non sei in grado di riaccendere la speranza tra la gente. Ridare fiducia a questo Paese è la prima riforma da fare». Così il presidente del Consiglio Matteo Renzi in visita a Catania, durante l’appuntamento istituzionale a palazzo degli Elefanti con i sindaci dell’area e le autorità. Ultima tappa di un breve tour cittadino. Mentre fuori studenti e cittadini contestavano la sua presenza e l’entrata furtiva sul retro, senza sirene ad annunciarlo, il premier ha tenuto un breve discorso. Un quarto d’ora tra programmi, tentativi di iniezioni di fiducia e riferimenti dalla libera interpretazione al sindaco Enzo Bianco. Poco prima del suo arrivo, la piazza urla «Vergogna». Fino a quando il lancio di un fumogeno non annuncia la presenza in via Vittorio Emanuele degli studenti dei collettivi. Polizia in assetto anti-sommossa e camionette dei carabinieri sbarrano l’accesso a piazza Duomo. Dopo qualche momento di tensione, i ragazzi si spostano per riunirsi agli altri manifestanti.

Questo appuntamento non poteva non partire da Catania, anzi, siamo già in ritardo, sarebbe stato imperdonabile. Ed Enzo Bianco, con la sua discrezione, ce lo ha fatto capire

«Questa non è una passerella, ma il tentativo che stiamo portando avanti in maniera sistematica di fare una volta ogni tre mesi il punto della situazione con questa consapevolezza: se riparte il Sud riparte l’Italia», comincia Renzi. Che parla del Mezzogiorno come di una terra che «per mille motivi non riesce a mostrare tutta la creatività e innovazione di cui è capace». Il filo del discorso del premier va indietro fino all’inizio del percorso di unificazione della nazione, quando «il Sud era industrialmente più forte», dice. Una spinta poi persa, per «ragioni che non sono scritte nel libro della storia, ma sono figlie di scelte sbagliate che possono essere cambiate». 

Il viaggio che porta Matteo Renzi a Catania è il terzo in Sicilia. La prima volta il premier ha fatto tappa a Palermo. Il secondo a Termini Imerese e Gela. «Questo appuntamento non poteva non partire da Catania, anzi, siamo già in ritardo, sarebbe stato imperdonabile. Ed Enzo Bianco, con la sua discrezione, ce lo ha fatto capire», ammicca Renzi. Che continua spaziando dall’innovazione alla battaglia contro la criminalità organizzata, passando per la necessità di «monitorare meglio che in passato l’utilizzo dei fondi europei». Un investimento urgente, secondo il presidente, è quello sulle infrastrutture, «non solo tra Messina, Catania e Palermo, ma anche per la banda larga». 

Uno spazio nel discorso è dedicato poi al lavoro. Mentre fuori i giovani contestano urlando la loro opposizione al suo Jobs act, Renzi tira fuori un trucco di illusionismo verbale: «C’è un clima in cui tutto viene letto in una chiave negativa, l’esempio più banale è che abbiamo un grande problema di occupazione, ma negli ultimi mesi stanno crescendo i posti di lavoro – spiega il premier – Da febbraio sono aumentati di centomila unità, mentre ne sono stati persi 927mila in sei anni. Eppure anche i dati di oggi dicono che la disoccupazione è ai record storici. Perché c’è un sacco di gente che si sta iscrivendo alle liste di disoccupazione – spiega – Perché lo strumento garanzia giovani, perfettibile, porta a uscire dalla rassegnazione e intanto a mettersi in gioco».

Bianco è stato sindaco anche nella stagione più eccitante per i sindaci, la prima stagione. Mentre voi siete arrivati nella stagione meno esaltante, quella dei tagli

Per Renzi, però, «non c’è mai il modo di far passare il messaggio che questo sta avvenendo, che ci sono aziende che stanno andando avanti – spiega – Per questo sono salito ai piedi dell’Etna e sono andato a prendere il torroncino Condorelli, sono andato a vedere il pannello solare che non solo è competitivo ma anche migliore rispetto a quello dei cinesi. A Catania c’è un’ingegneria che non soltanto è migliore di tanta parte d’Europa ma anche del mondo». E, prevenendo le contestazioni, aggiunge: «Andare a dire che ci sono tante eccellenze non significa sottovalutare il problema». In piazza, intanto, i collettivi studenteschi provano a forzare le transenne. Ma Renzi non dà segni di percepire il rumore che viene da fuori. Le finestre del salone Bellini rimangono serrate, ma l’eco degli slogan arriva netto. Solo in un passaggio dice: «Staremo in mezzo alle persone, contestazioni o meno – dichiara – Si stancheranno prima loro».

Perché, secondo il premier, «la politica non è semplicemente esercizio del potere, ma dare speranza. Poi certi politici la speranza la tolgono». E così si rivolge ai primi cittadini presenti in aula: «Bianco è stato sindaco anche nella stagione più eccitante per i sindaci, la prima stagione. Mentre voi siete arrivati nella stagione meno esaltante, quella dei tagli». Così si arriva al momento dei ringraziamenti e dei complimenti. Per i magistrati e le forze dell’ordine, a cui il presidente del Consiglio ricorda: Noi dobbiamo essere più rapidi della criminalità organizzata a combattere, a cambiare, a continuare a dire che il valore di legalità è un valore e perenne e costitutivo della nostra identità». E ancora: «Oggi vado via da Catania con la convinzione che i numeri di questa terra, di quest’area metropolitana sono molto significativi e importanti. A noi il compito di non disperdere questa gigantesca occasione». 

Un «giardino fertile che diventa giungla se non c’è un giardiniere capace di tenere in ordine e non c’è un sentimento collettivo di partecipazione», risponde il sindaco Enzo Bianco. Che ringrazia a sua volta il premier per la visita «intensa», in una città «operosa, discreta, non appariscente». Talmente poco appariscente da non aver previsto neanche un piccolo gruppo di supporter del premier. Neanche una scolaresca, come nel caso della visita del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. La giornata si conclude con la firma di Matteo Renzi nel libro degli ospiti d’onore di palazzo degli Elefanti. Con dedica: «Continuo a pensare che l’elefante di Catania, tenace e laborioso, sia un simbolo dell’Italia».

Salvo Catalano

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