Non so da quanto tempo non mi capitava di far festa per una vittoria del Catania senza però poter vedere il gol che ha deciso la partita. Forse dai tempi della serie C2, quando – trovandomi lontano dalla Sicilia, in un tempo in cui Internet era ancora una cosa da pionieri – l’unico modo per sapere come andavano le cose era passare il pomeriggio della domenica con sotto gli occhi la pagina del Televideo, e con lo sguardo incollato al risultato. O al massimo – se la rete telefonica mi assisteva – chiamare al cellulare qualcuno che mi raccontasse la partita dallo stadio.
Mi è successo di nuovo ieri pomeriggio. E, quanto a far festa, l’ho fatta davvero. Come un uomo divorziato farebbe festa per i successi di un figlio lontano, senza curarsi del fatto che il giudice l’abbia affidato all’ex moglie fedifraga. Come ha certamente fatto festa chiunque sia cosciente del fatto che la squadra di calcio per cui fa il tifo è un’entità pressoché metafisica, che non può in alcun modo identificarsi con la società che – talora assai indegnamente – ne gestisce le sorti.
È stato un tuffo nel passato, questo esordio del Catania in Lega Pro. Con le maglie dei giocatori ordinate dalla uno alla undici, senza quei nomi sulle spalle e quei numeri stravaganti cui ci aveva abituati la serie A. Senza l’algida perfezione delle dirette televisive in alta definizione, che ci avevano raccontato per anni ogni nostra trasferta senza nasconderci nemmeno il colore di un filo d’erba. Si poteva vedere in Tv, certo, la partita di questo pomeriggio a Matera. Ma solo tornando a quelle immagini imprecise, a quei colori slavati che sembravano appartenere a una Tv d’altri tempi. E si poteva vederla in Tv solo rassegnandosi ai mille imprevisti delle riprese gestite dalla Lega Pro. Riprese che a un certo punto si sono dileguate dai teleschermi: le immagini sono scomparse, la voce del telecronista si è spenta. E a noi non è rimasto che sperare e immaginare. E tornare ad affidarci a notizie tardive e frammentarie, in attesa che queste ci portassero il regalo di un gol. Un gol semplicemente da immaginare, sulla base indiziaria di quanto trapelava da chi l’aveva visto con i suoi occhi.
È stato bello, però, festeggiare questo gol. Stavo davanti a uno schermo vuoto di immagini, e mi sentivo un po’ come Leopardi davanti alla sua siepe. Privato della vista dell’orizzonte reale e – proprio in forza di questa privazione – pronto a immaginarsene uno più bello, che sfuggisse ai limiti dello spazio e del tempo. A immaginare spazi e silenzi che sgomentano e gonfiano di dolcezza, assai più di quanto possa fare qualsiasi panorama visibile dagli occhi.
Sarà difficile dimenticarlo, l’invisibile gol di Scarsella che ha consentito al Catania di vincere la sua prima partita di campionato, sul campo di Matera. Così come ricorderemo a lungo l’inaudita bellezza del passaggio di Russotto, che lo ha messo in condizione di battere il portiere avversario. E dire che, prima di oggi, io quasi ignoravo chi fossero Scarsella o Russotto, così come quasi ignoro volti e storie dei ragazzi che quest’anno vestiranno la maglia rossazzurra. E dovranno accompagnarci verso quella che vorremmo fosse la prima tappa di una risalita. Una risalita che non importa sapere quanto sarà veloce: poiché, per adesso, è bello potere semplicemente sperare che avvenga.
È stato bello far festa senza esserci nemmeno con gli occhi, sul campo di Matera. Ma è ancor più bello pensare che si potrebbe tornare a viverlo dagli spalti del Massimino, questo campionato di serie C cui Pulvirenti e compagnia ci hanno condannato. In fondo, a ben pensarci, ci vorrebbe poco per tornare a riempire lo stadio. Per tornare a sentire migliaia e migliaia di persone (assai più di quante possano permettersi molte squadre di categoria superiore) strette intorno a quelle maglie rosse e azzurre. Senza dar troppa importanza al fatto – di per sé privo di seria rilevanza – che la serie A è, ormai, soltanto un ricordo.
Basterebbe poco per far sì che questo accada. E poi, pazienza: il campionato andrà come deve andare, nessuno può chieder miracoli a una squadra che parte da nove punti sotto lo zero. Per me, sarebbe sufficiente poter tornare allo stadio senza sentirmi prigioniero di nessuno. Sarebbe sufficiente alzarsi una mattina e, sfogliando i giornali, leggere la notizia che sto aspettando.
Quale? Sì: esattamente quella.
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