Marta sui Tubi, pura sperimentazione siciliana

Band live italiana per eccellenza, collaborazioni importanti e cd che rinnovano il proprio sound sempre in maniera diversa: questi sono i Marta sui Tubi. La band siciliana dopo il grande successo di “C’è gente che deve dormire” e del tour “Nudi e Crudi” si prepara a presentarci l’ultimo lavoro “Sushi & Coca” in un momento che gratifica il lavoro del gruppo. Amati dai media, dai fans e critica il frontman dei Marta, Giovanni Gulino si concede a noi tra un boccone e l’altro…

Cosa si devono aspettare i vostri fans catanesi dal vostro concerto?
Un carico di energia incentrato sull’ultimo album. Faremo anche dei pezzi tratti dagli album precedenti in chiave diversa e riarrangiati grazie a un violoncellista, molto bravo, al nostro seguito. Sarà l’occasione per sentire i Marta sui tubi non soltanto in versione trio ma in una formazione corale, quasi orchestrale”.

Siete molto famosi per essere un gruppo sperimentale. Cosa vi spinge ad essere sempre innovativi e ad abbattere il suono della solita musica italiana?
“Il progetto è nato così: con la sperimentazione al centro di tutto quanto. Continuiamo e restiamo fedeli a questa linea originale. Non siamo il gruppo che tende a fare il singolo, non ci teniamo, non ci interessa e non siamo nati per questo. La voglia che abbiamo di far musica è strettamente correlata al desiderio di osare e di andare oltre quelli che sono i canoni della musica italiana del pop o del rock. Non vogliamo seguire nessun genere o filone. Siamo semplicemente dei musicisti che si mettono alla prova ogni volta che mettono le mani su uno strumento”.

Siete partiti come una band quasi cantautorale in cui spiccavano la voce e la chitarra, basti pensare a uno dei vostri più grandi successi “Vecchi Difetti”. Poi vi siete evoluti, allargando la vostra line-up e avvicinandovi all’elettronica e all’effettistica. Come è stato questo percorso e quali sono stati i motivi che vi hanno spinto a cambiare stile?
“Io non direi che abbiamo cambiato stile. Lo stile è sempre lo stesso. Come una persona che rimane se stessa,  ma può assumere vesti diverse. Un giorno si può vestire in un modo e un altro cambiare ma la fisionomia è quella. A noi piace vestirci in modo diverso in ogni disco, anche in ogni canzone a secondo di ogni atmosfera, del testo, del senso profondo di ogni pezzo cercando di trovare la connotazione più appropriata. Abbiamo avuto la possibilità di collaborare con dei musicisti molto bravi e quindi ci confrontiamo con loro e loro stessi danno un apporto molto importante”.

A proposito di collaborazioni. Nel 2009 avete collaborato insieme ad altri 19 artisti alla compilation creata e voluta dagli Afterhours “Il Paese è Reale” con il pezzo “Mercoledì”. Il sottotitolo di questo album è “19 Artisti per un paese migliore”. Cosa pensate del progetto? Come credete che la musica, e la vostra musica nel particolare possa rendere l’Italia un posto migliore?
“Gli artisti che hanno preso parte a questo album, secondo me, racchiudono quello che è l’animo “diverso” dell’Italia dal punto di vista musicale. C’è molta gente che pensa che la musica fatta da noi è quella che si ascolta in radio. Non è assolutamente così. Ci sono tanti gruppi che suonano e che fanno una musica diversa. Non mi piace parlare di “indipendente” ma parlo di musica di qualità. Negli anni 70 in Italia si riusciva a fare musica di alta qualità pur mantenendo quella vena popolare. Pensiamo ai grandi cantautori. Poi l’influenza americana e inglese è stata talmente forte da cambiare le sonorità. Adesso tutto cambia a velocità incredibile. Si cerca di fare il colpaccio subito e di fare il singolo accattivante e ruffianotto. Gli artisti di questa compilation non appartengono a questa categoria. È gente che, come noi, si mette a lavorare e cerca di esprimersi senza avere come obiettivo quello di vendere milioni di copie. Manuel Agnelli degli Afterhours è stato davvero gentile ad offrirci la possibilità di inserire un nostro pezzo nella compilation. Lo scopo è quello di far capire a tutti , ai media e alla gente, che c’è anche un altro modo di fare musica che dal punto di vista qualitativo, per quello che concerne testi e impegno, è sicuramente superiore al mainstream”.

Nel novembre 2008 avete vinto con “Cinestetica” il il premio “Miglior video in assoluto” al PVI. Adesso la critica vi incorona come “Migliore Band live” italiana del momento. Come rispondete e come vi sentite di fronte a questo giudizio?
“Dal vivo cerchiamo di esprimerci al massimo e non ci risparmiamo sicuramente, anche perché abbiamo iniziato a suonare per il piacere di salire su un palco e metterci in mostra, pure con una certa dose di narcisismo. Fa parte del lavoro di un musicista. Chiunque si approccia al mondo musicale dal punto di vista autorale o di interprete ha sempre come voglia e come obiettivo di salire su un palco, grande o piccolo che sia. Per noi salire su un palco è il coronamento di un sogno. Vedere che la gente apprezza è anche più bello perche ti senti al massimo. È una sensazione che si avvicina soltanto all’orgasmo probabilmente. Non ha paragoni. Dal vivo vogliamo essere più carichi possibili”.

Voi siete siciliani, ma tra concerti tour e registrazioni fate base tra Milano, Bologna e altre città italiane. Cosa vuol dire per i Marta sui Tubi ritornare in Sicilia e trovare ad accoglierli un pubblico che vi attende ogni volta a braccia aperte?
“Ci conforta tantissimo. Il rischio era di essere in qualche modo dimenticati o di non essere considerati un gruppo siciliano. Noi siamo siciliani. Spesso parliamo pure in dialetto tra di noi e le nostre origini rimangono sempre ben chiare e salde nella nostra anima. Tornare in Sicilia è come tornare a casa. Ci sentiamo più capiti. Quel velo di esotismo che ti avvolge quando sei al nord in questo caso cade e sei quello che sei, punto. Ci piacerebbe tornare a suonare qui più spesso ma purtroppo le risorse che ci offre la nostra terra, in termini di locali e di infrastrutture, non sono tantissime. A Catania non abbiamo mai fatto grandi numeri ma spero che con questa data conquisteremo definitivamente i siciliani d’oriente”.

Emanuele Brunetto

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