Mario Barnaba, in arte Scarpa, pugliese di Alborebello e palermitano di adozione, è un giocoliere di strada. Capitato quasi per caso nel capoluogo siculo dopo una serie di ingaggi nel 1998, da allora risiede e lavora qui. «Più di tutto mi hanno spinto a rimanere l’energia positiva e lo spirito d’accoglienza che ho trovato», dice subito. Ma tutte le scelte hanno pro e contro. A mancare a questa città sarebbe, secondo Barnaba, lo scambio: «Per il tipo di lavoro che faccio è fondamentale confrontarsi con altre realtà e altri artisti, ma a Palermo questa cosa continua a mancarmi. In generale – continua – penso che la città non offra una proposta artistico-culturale di un certo livello. Ho come l’impressione che sia assente, ridotta ai minimi termini».
Proprio uno dei motivi per cui gli artisti di strada – anche dopo la multa e l’allontanamento per tre anni del collega Hotze Convalis – si sono uniti e presentati come gruppo autonomo di fronte al sindaco Leoluca Orlando. Per chiedere una regolamentazione della categoria, da troppo tempo soggetta a un’ordinanza che pretende di accorpare insieme musicisti e giocolieri con locali notturni e bancarelle. «La mancanza del Comune – spiega Barnaba – è stata quella di non avere fatto finora una precisa distinzione, trattando ogni singolo caso di conseguenza». Nel racconto di Barnaba su Palermo non manca quindi il rimprovero alle mancate intuizioni dell’amministrazione locale che, nonostante tutto, si è mostrata ben disposta al dialogo con gli artisti di strada e aperta alla loro richiesta di un regolamento chiaro e definitivo. Ma quando diventerà effettivo non si sa ancora. Nell’attesa, Mario Barnaba e tutti gli altri restano dei pirati, dei clandestini neanche troppo nascosti per le strade di Palermo.
Attese a parte, i palermitani di cui racconta Barnaba non hanno alcun bisogno di essere sensibilizzati: «A Palermo non esiste un problema di accettazione da parte dei passanti, che siano cittadini o turisti. Non esiste un problema di pubblico né di riconoscimento». Non è un caso che il provvedimento nei confronti del musicista olandese Convalis abbia suscitato l’incredulità e il disappunto dei cittadini. Ma la sensibilità da sola non basta. La vera sfida per Palermo è trasformarsi in un luogo che riconosca l’arte di strada come patrimonio culturale. «Riconosco a questa città, e alla Sicilia in genere, molti limiti – continua il giocoliere di Alberobello – Nonostante questo, continuo a viverci e a lavorarci, continuo a cercare di valorizzarla e a dare la giusta importanza al lavoro degli artisti di strada. Palermo da un lato ha delle cose che mi fanno molto arrabbiare, ma dall’altro ha qualcosa che mi spinge a restare qua e che mi suscita un sentimento di sfida».
Due impulsi contrastanti: da un lato la rabbia per le cose che non vanno, dall’altra la fiducia in una possibilità. «Mi dico sempre che le cose posso cambiare. Proprio l’arte e la cultura possono essere uno strumento valido per sensibilizzare gli animi e raggiungere una crescita civile». A sentire raccontare questa Palermo attraverso le parole di Barnaba ci si dimentica per un attimo del suo status di figlio adottivo dell’Isola. Il giocoliere conclude il suo racconto con la speranza sincera che, coi contributi di figli e non, qualcosa si muova in questa terra macchiata dall’immobilismo. «Ci sono realtà come Palermo che si trovano in una fase di transizione. Una regione che si dimostra aperta alla libera espressione dell’arte di strada – conclude Barnaba – è di certo una regione che si arricchisce dal punto di vista culturale e artistico, in maniera molto semplice».
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