Maria e Giuseppe verso Betlemme

da Rosaria Palladino
riceviamo e con piacere pubblichiamo.

Non si può visitare Napoli nel giorno di Natale senza assistere alla “Cantata dei Pastori”, sacra rappresentazione della tradizione natalizia partenopea interpretata dal celebre, multiforme e poliedrico artista Peppe Barra che ben definisce il sacro senso teatrale del popolo napoletano.
La prima edizione della Cantata fu pubblicata dall’abate gesuita Andrea Perucci nel 1698 con il titolo: “Il Vero Lume tra l’Ombre, ovvero la Spelonca Arricchita per la Nascita del Verbo Umanato” firmata dal Perrucci con  lo pseudonimo di Ruggiero Casimiro Ugone.
La trama racconta il viaggio di Maria e Giuseppe verso Betlemme che vengono ostacolati dal Maligno che si frappone  per impedire la nascita di Gesù. I Diavoli  infine saranno sconfitti ad opera degli Angeli e, al termine, vi sarà l’adorazione dei vari e classici personaggi del presepe: pastori, cacciatori e pescatori.

Tra i protagonisti originari della sacra rappresentazione viene inserito Razzullo, uno scrivano partenopeo  inviato in Palestina per il censimento che si smarrisce nelle campagne. La sua povera maschera attraversa l’intera cantata a stomaco vuoto e, cercando di riempirlo almeno una volta, del tutto involontariamente è di aiuto alla santa coppia e diviene uno dei più degni di adorare il Figlio di Dio.
La Cantata ha un singolare rapporto con il teatro popolare, perché vi attinge prelevando i personaggi che sono  maschere buffe e tragiche imparentate con Pulcinella, inventando una fantasia natalizia a volte surreale. E’ necessario per una rappresentazione degna la capacità di mitigare il linguaggio e la teatralità spesso licenziosa. La sua relazione col presepe popolare napoletano non è  casuale perché mette in scena un’antropologia dello stesso  che svela i risvolti magici di un autentico rituale iniziatico (il viaggio e le prove – il bosco, il torrente –  che si frappongono a Giuseppe e Maria).  E’ una mescola del suo narrare con quello dei vangeli apocrifi e con altre tradizioni popolari del Sud, a metà strada tra il cristiano, il pagano ed il magico che si nasconderebbe nella Cantata.
Alla fine del ‘700, vi fu introdotto un altro personaggio comico, Sarchiapone,  barbiere in fuga per aver commesso due omicidi. Col tempo, il tono dell’opera ha virato sempre più verso il comico e il profano, tanto che nel 1889 la sua rappresentazione fu temporaneamente sospesa.
In Peppe Barra il Mediterraneo si declina con gli accenti veraci della sua napoletanità. Interprete magistrale di canzoni e tammurriate, di liriche teatrali e poesie, Barra ha composto, nel corso della sua carriera, un suggestivo affresco sonoro, melodico e ritmato.
La “Cantata dei Pastori” è una produzione storica di successo del Trianon: rappresentata anche allo Strehler di Milano si è aggiudicata nel 2004 il prestigioso premio Eti-gli Olimpici del Teatro come migliore commedia musicale, anche grazie alle belle scene di Lele Luzzati, che ha firmato uno dei suoi ultimi lavori.
Dopo la prima del giorno di Natale lo spettacolo si replicherà il 26, 28, 29 dicembre e successivamente i giorni 1 e 2 gennaio.
Sul palco insieme a Peppe Barra (Razzullo) e Salvatore Esposito (Sarchiapone), la cantante Francesca Marini e i musicisti Paolo Del Vecchio, Ivan Lacagnina, Max Sacchi, Sasà Pelosi, Luca Urcuiolo. Regia di Peppe Barra con la Produzione di Trianon Scena.
Vogliamo chiudere questo articolo su “La Cantata dei Pastori” sottolineando  una sua doppia caratteristica: la Cantata è al tempo stesso tempo di preparazione alla solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini;  e sancisce l’importanza di accoglierlo con il canto, che  costituisce un momento molto significativo nella vita della nostra realtà cristiana. Proprio perché non è una preghiera ufficiale, ma una rappresentazione teatrale, non deve essere l’occasione per fare “bel canto”, ma l’occasione per lasciarsi coinvolgere esistenzialmente dalla Parola di Dio cantata.
La tradizione musicale ha grande importanza nella  vita religiosa e sociale ed a questa musica si dia il dovuto riconoscimento e il posto conveniente  nell’educazione del senso religioso.
Non c’è niente di più solenne e festoso nella celebrazione di uno spettacolo che, tutto, esprime con il canto la sua pietà e la sua fede, con un pubblico composto non da estranei e muti spettatori, ma da spettatori che si inseriscono più intimamente nel mistero che si celebra anche solo ascoltando, onde evitare allo stesso tempo qualsiasi cedimento alla leggerezza e alla superficialità.

 

Redazione

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