Maredolce e il sogno di diventare sito Unesco Domani una tavola rotonda dedicata al castello

Doveva essere uno splendore: un castello arabo, costruito dall’emiro Kalbita ” Ja’Far II”, che sotto Ruggero II divenne uno dei solatii regii. Maredolce già nel nome ispira un luogo di sogno, elegante, raffinato, una favola araba. Abbandonato per anni, occupato abusivamente, e’ da poco tempo un luogo restituito alla città, e il restauro in corso permette di apprezzarne l’architettura che pian piano sta tornando alla luce. Tanto da ipotizzarne l’inserimento nel sito seriale Unesco di Palermo arabo-normanna. Di tutto questo si parlerà domani 29 maggio – dalle 16,30 proprio al castello di Maredolce (vicolo del Castellaccio, 21/23, a Brancaccio) nel corso di una tavola rotonda a cui partecipano il sindaco Leoluca Orlando, nella veste di presidente del Comitato di pilotaggio del sito seriale Unesco, il dirigente generale del Dipartimento dei Beni Culturali, Sergio Alessandro, il direttore della Fondazione Patrimonio Unesco Sicilia, Aurelio Angelini, il sovrintendente dei Beni Culturali, Lina Bellanca; l’architetto Manfredi Leone, docente all’Università di Palermo e Giuseppe Barbera, direttore del Dipartimento di Culture arboree. 

Sarà l’occasione per presentare la cooperativa sociale che si è aggiudicata il bando ed avrà in concessione le aree verdi del castello sulla base di un programma di coltivazioni ed utilizzazione condivisa con la Soprintendenza. La storia del castello è affascinante. Sfruttando la vicina sorgente della Fawwarah ai piedi del monte Grifone, i re normanni dotarono il castello dell’emiro di un’enorme peschiera di acqua dolce, addirittura navigabile (Mare Dolce appunto), piena di pesci di vari colori e razze, portati anche da Paesi lontani. Un giardino di delizie, particolarmente amato da Costanza d’Altavilla che amava trascorrervi l’estate con il piccolo Federico, futuro imperatore illuminato. Al centro della peschiera, Ruggero aveva fatto impiantare un isolotto a forma di Sicilia rovesciata, quasi una voliera per la grande quantità di uccelli ospitati. Nel 1328 il castello viene ceduto da Federico II d’Aragona ai Cavalieri Teutonici che lo trasformarono in ospedale. 

Per due secoli appartenne alla famiglia dei Bologna con cui divenne un’azienda agricola, per poi passare al duca di Castelluccio. Dagli inizi dell’800 inizia il declino e l’abbandono di Maredolce, “castellaccio” ad uso del quartiere, utilizzato dagli abitanti per ricoverare le bestie, addirittura occupato come abitazione. Acquistato dalla Regione Siciliana, viene affidato alla Soprintendenza che ne avvia il recupero, cercando di riportarlo alla sua conformazione originaria. La peschiera ovviamente non esiste più, al suo posto c’e’ un agrumeto, del tutto abbandonato. Ed è proprio da qui che parte il recupero di Maredolce e la riconsegna alla città: e’ di pochi giorni fa, la firma della convenzione tra la Soprintendenza ed un’associazione temporanea di imprese – ATS composta da Sosvile, Solidarieta’, Sviluppo e Legalita’, Libera…mente, e Ada, Associazione diritti degli anziani, che hanno risposto ad una manifestazione di interesse – a cui vengono affidati in gestione per sei anni, i sei ettari di terreno di Maredolce. L’idea e’ proprio quella di recuperare le aree verdi attorno al Castello, magari non proprio come ai tempi dei re normanni: ma rivitalizzare il mandarineto storico, riaprire i sentieri, piantumare i terreni, e’ ancora possibile. Insomma, far rinascere Maredolce, con una spinta sociale visto che il lavoro sarebbe portato avanti anche da giovani portatori di handicap e detenuti.

Redazione

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