Mare inquinato in 9 punti monitorati da Legambiente «Restano le criticità, anche in via Messina Marine»

«Già l’anno scorso il Comune di Palermo si era avventurato sulla balneabilità della Costa Sud. Ma nel monitoraggio che abbiamo fatto noi alla foce dello scarico in via Messina Marine il mare risulta fortemente inquinato». Tra i risultati delle analisi di Goletta Verde, la storica campagna ambientalista che si accerta delle condizioni delle coste siciliane, il presidente di Legambiente Sicilia Gianfranco Zanna apre proprio col risultato del capoluogo. Non è l’unica bocciatura per le acque siciliane: per la provincia di Palermo sono stati analizzati nove punti e nessuno di questi ha superato l’esame

In sette luoghi il grado di inquinamento è molto forte: alla foce del fiume Eleuterio tra Bagheria e Ficazzi; alla spiaggia presso lo sbocco del canale in Corso Italia a Bagheria; alla foce del torrente Canzalamone; alla foce del fiume Pinto a Trappeto; alla foce del torrente Nocella tra Terrasini e Trappeto; alla foce dello scarico presso corso Mattarella e alla foce del fiume Chiachea (presso lo sbocco del depuratore) a Carini; oltre al punto in città dove la giunta ha mostrato di voler puntare per un nuovo accesso al mare, pur tra le polemiche. Giudicati inquinati, invece, i campionamenti alla spiaggia di fronte l’ex oleificio a Termini Imerese e quello alla spiaggia La Praiola a Terrasini.

«Anche quest’anno registriamo dati tutt’altro che positivi – dice Serena Carpentieri, responsabile delle campagne di Legambiente -. Anche se il nostro monitoraggio non vuole sostituirsi ai controlli ufficiali è nostro dovere evidenziare per l’ennesima volta le criticità ancora presenti nei sistemi depurativi di questa regione». Accanto a una questione irrisolta come quella della mancata depurazione, nella denuncia di Legambiente si uniscono anche i dati del dossier Mare Monstrum: basato sul lavoro delle forze dell’ordine e delle capitanerie di porto, si scopre che la Sicilia è al secondo posto nella classifica del mare illegale, dietro soltanto alla Campania. 

Vale a dire che nell’isola sono 2041 le infrazioni accertate (il 13 per cento a livello nazionale) mentre sono 2269 le persone denunciate e arrestate, a fronte di 380 sequestri effettuati. La principale infrazione riguarda la pesca di frodo, che vede la Sicilia al primo posto in Italia: su questo fronte sono stati 67.446 chili i prodotti ittici finiti sotto sequestro, tra quelli catturati senza licenza, sotto misura o in periodi di fermo pesca, prodotti spacciati per freschi quando non lo sono o conservati in pessime condizioni igieniche. 

Intanto questo pomeriggio sono state liberate dall’equipaggio di Legambiente, a largo della spiaggetta di Sant’Erasmo a Palermo, due esemplari di tartaruga Caretta caretta, salvate nei mesi scorsi e curate presso il Centro di Referenza Nazionale sul benessere, monitoraggio e diagnostica delle malattie delle tartarughe marine dell’Istituto Zooprofilattico della Regione Siciliana. Prima di essere rimessa in mare dai volontari, ad uno dei due esemplari di tartaruga è stato agganciato un dispositivo di geolocalizzazione che permetterà ora di monitorare il suo viaggio nel Mediterraneo, in modo da studiarne i comportamenti e gli spostamenti.

Alle tartarughe, un maschio e una femmina, è stato dato il nome di Paolo e di Emanuela, in memoria del magistrato Paolo Borsellino e della sua agente di scorta Emanuela Loi, morti nella strage di via D’Amelio. «Così come lo scorso mese di maggio abbiamo voluto dare alla tartaruga che abbiamo liberato il nome di Giovanni, in memoria di Falcone e della strage di Capaci, oggi abbiamo voluto ricordare Paolo Borsellino e Emanuela Loi in prossimità dell’anniversario della strage di via D’Amelio – spiega Zanna -. È un modo per ricordare i nostri concittadini uccisi dalla mafia con un messaggio di speranza e di riscatto per questa terra».

Ogni anno circa 50mila esemplari di tartarughe marine vengono catturati accidentalmente nei mari italiani. Negli ultimi anni la conservazione della Caretta caretta, la specie più comune nelle nostre acque inserita nella direttiva UE Habitat e protetta da numerose convenzioni internazionali, ha assunto un aspetto strategico per il bacino Mediterraneo. I pericoli principali per la conservazione della specie sono rappresentati dalle catture accidentali attuate dalla pesca professionale, dal traffico marittimo, dall’ingestione di plastica, dal degrado e urbanizzazione delle coste con conseguente danneggiamento dei siti di nidificazione.

Andrea Turco

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