Manifesta, in tanti attendono ancora i compensi «Colpa dei ritardi da parte dei contributi pubblici»

Chiedono di rimanere anonimi ma allo stesso tempo ci tengono a fare sapere di non essere stati pagati. A distanza di sei mesi dalla chiusura di Manifesta – la biennale nomade di arte contemporanea che tra giugno e novembre ha portato nel capoluogo siciliano migliaia di visitatori – sono in tanti a lamentare di non aver ancora ricevuto quanto gli spetta. Artisti, tecnici, creativi: i lavoratori e le lavoratrici della conoscenza, in quella che l’anno scorso è stata anche capitale italiana della cultura, ora fanno sentire la propria voce. Temono però l’esposizione in prima persona, quindi abbiamo scelto per loro dei nomi di fantasia. Le testimonianze però restano reali.

«Io sono stata pagata – dice Alessia – ma nel mio dipartimento ci sono persone che attendono ancora i soldi. So che la fondazione Manifesta ha pagato le prime tranche, relative ai primi ingaggi. Probabilmente chi non è stato pagato ha presentato fatture o richieste di compenso per ultimo». Una ricostruzione che non convince Francesca. «Personalmente a me devono ancora pagare un’installazione creata a giugno – dice – ed è passato cioè quasi un anno. A me è stato detto che il problema è dovuto al fatto che col blocco del bando periferie il Comune non ha potuto garantire la propria quota. E so che della fondazione è rimasta in piedi solo una piccola parte dell’amministrazione, quella che sta al teatro Garibaldi. Nella cultura e nell’arte noi ci crediamo, forse non ci credono abbastanza le istituzioni. Molti degli artisti che hanno lavorato a Palermo, almeno quelli che io conosco, dicono che non sanno se tornerebbero. Perché al netto della narrazione sul cambiamento di Palermo si tratta di lavoro. E il lavoro deve essere pagato».

Chi invece sceglie di metterci la faccia è Giuseppe Firrincieli, fotografo e videomaker freelance di Ragusa. Insieme al disegnatore Guglielmo Manenti ha realizzato il murale No Muos a Palazzo Ajutamicristo. Anche loro, però, attendono ancora un rimborso di 500 euro. «Noi siamo venuti due volte a Palermo – racconta – La prima a giugno, quando abbiamo realizzato l’opera in vista dell’inaugurazione di metà mese. E lì ci sono stati forniti un alloggio e un rimborso spese. La seconda volta siamo venuti a novembre, per smontare parte dell’installazione che avevamo realizzato insieme al murale. Anche quella volta ci è stato assicurato un rimborso da 500 euro, in due, che però non abbiamo ancora ricevuto. Voglio specificare che noi a Palermo siamo stati bene, c’era una bella atmosfera, e con i lavoratori di Manifesta ci sono sempre stati rapporti cordialissimi. Però questa non è certo una bella figura».

Il direttore della Fondazione Manifesta 12, Roberto Albergoni, è conscio che il problema dei pagamenti, per una manifestazione che ha tentato di diffondere l’idea che con la cultura si può mangiare, è importante. «Abbiamo avuto dei ritardi nell’incasso di alcuni contributi pubblici – afferma Albergoni – Soprattutto per quanto riguarda il bando periferie. C’è stata una situazione complicata, come ricorderete (e come raccontato da MeridioNews, ndr), dovuto il fatto che a luglio scorso il governo nazionale aveva bloccato i fondi, poi ripristinati. Quindi non c’è più un problema di coperture ma certamente di ritardi nell’erogazione. A breve inoltre incasseremo un contributo dalla Regione, che in realtà è un anticipo bancario sulla somma che verrà poi inserita in bilancio. Ritengo che entro 20 giorni saremo in grado di smaltire un po’ di arretrati nei pagamenti ed entro giugno di saldare tutti».

C’è chi ha teorizzato che parte delle difficoltà nei pagamenti possano essere dovute alla miriade di collaborazioni, e in molteplici forme, che la biennale d’arte ha sviluppato negli scorsi mesi. Mentre i dipendenti della fondazione, oltre Albergoni, sono attualmente due persone che lavorano part-time. «Ai quali non è stato ancora saldato il tfr» spiega il direttore, confermando che le difficoltà sono condivise. «Ho sul tavolo tutta la lista, sono consapevole della situazione, ci stiamo avvicinando alla fine di questo calvario. Abbiamo una gran quantità di piccoli creditori. Considerando che anche il Comune è socio della fondazione, abbiamo comunque una serie di regole da rispettare. Non c’è stata una logica di preferenze preordinata, ma abbiamo cercato di soddisfare tutti».

Andrea Turco

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