Mangia tu che mangio pure io…

Nel giorno del giudizio, proprio quando le urne del di Palermo si apriranno per inghiottire la ‘volontà generale’ del popolo di centrosinistra (o quasi) della città, emergono nuovi retrocena – anzi, retroscena – dell’ormai celebre cena di venerdì sera tra Antonello Cracolici, Giuseppe Lumia, Totò Cardinale e il senatore dell’Mpa, Giovanni Pistorio (che sostituiva il presidente della Regione, Raffaele Lombardo che la sera beve solo the verde con un cucchiaino di zucchero di canna). Intanto, una precisazione d’obbligo che abbiamo anticipato ieri sera e che ribadiamo stamattina: i quattro non si sarebbero visti per inquinare le primarie di oggi, mandando a votare – naturalmente per Fabrizio Ferrandelli – personaggi dell’Mpa.
Questa ‘ignobile’ tesi messa in giro ad arte dai detrattori di Lombardo e di Ferrandelli non sta né in cielo, né in terra ma, al massimo, sia in cielo, sia in terra. Quella di due sere fa è stata solo una cena culturale. Per fugare i dubbi è stata autorizzata la diffusione morigerata del menù.
La notizia è che i quattro si sono divisi subito sull’antipasto: due lo volevano e gli altri due no. Alla fine è stata trovata una soluzione a metà: è arrivato un ricco piatto di panelle, patatine fritte e ‘arancinette’ finite, nel giro di tre minuti e 12 secondi, nelle pance di Cracolici e Lumia.
L’ordinazione sarebbe stata una sofferta. Totò Cardinale avrebbe ordinato una minestrina con l’olio, mettendo in subbuglio le cucine. “Da quando l’ingegnere Pietro Di Vincenzo è nei casini mi sono messo a dieta – avrebbe detto Cardinale – mangio in bianco, ogni giorno”. Il titolare del ristorante, per accontentare Cardinale, sarebbe stato costretto a far aprire la saracinesca di un piccolo negozio di generi alimentari per acquistare un pacco di ‘Stelline’. Tra le proteste del titolare del negozio che, a quell’ora, era a casa davanti alla televisione. Il negoziante avrebbe esclamato: “Min… pu’ un pacco ‘i pasta tutto ‘stu burdellu…” (per i non siciliani: “Tutta questa confusione e questo fastidio per un po’ di pastina…”).
Sulla stessa lunghezza d’onda gastronomica l’ordinazione del senatore del Movimento per l’autonomia, Giovanni Pistorio che, al cameriere, ha ricordato d’aver ricoperto la carica di assessore regionale alla Sanità. “Sa – avrebbe detto – da quando, insieme con Lombardo, oggi presidente della Regione e allora mio capocorrente, abbiamo prodotto un ‘buco’ nei conti della sanità siciliana di quasi un miliardo di euro ci siamo messi tutt’e due a dieta: lui beve the verde condito ogni tanto con il pollo lesso, mentre io, da buon catanese, mangio alici marinate senza pane. Questo lo facciamo per rispetto all’assessore Massimo Russo che, con il piano di rientro, di fatto, ha sanato il ‘buco’ che avevamo prodotto io e Raffaele”.
Lumia – e questa è la vera novità – avrebbe saltato il primo. Ma si sarebbe rifatto con due secondi: polpi murati e baccalà a sfincione. Dopo la doppia ordinazione si sarebbe giustificato così: “L’ammetto: prima non mangiavo il pesce. Ma da quando mi occupo dei lavori dell’interporto di Termini Imerese ho imparato a gustare le delizie del mare. Oggi, grazie anche alla cultura che ho maturato con l’interporto, ma non solo a quella, posso dire di aver imparato a mangiare…”.
Senza ritegno Antonello Cracolici che, al solito, si sarebbe gettato su due ‘assaggini’ di primi piatti: carbonara di mare e linguine con i gamberi. Poi avrebbe mandato giù anche lui il baccalà a sfincione e un’orata all’acqua pazza. “Mia moglie mi aveva mosso a dieta – avrebbe confessato – ma da quando siamo entrati nel governo regionale con Lombardo ho la scusa per non tornare a casa a pranzo. Così sto riprendendo qualche chilo in più. E’ normale quando si governa, no?”.
E il vino? Bianco, a quanto pare. Due bottiglie.
I quattro – non ci crederete – avrebbero rifiutato il dolce. Avrebbero, invece, gustato la frutta: arance rigorosamente marocchine e fragoloni tunisini. Un omaggio, insomma, all’agricoltura siciliana che il governo della Regione sta definitivamente affossando.
Durante la cena – lo ribadiamo per l’ennesima volta – non si sarebbe parlato di voti, ma di un vòto, con l’accento sulla prima o. I quattro avrebbero fatto un vòto, ovvero una promessa a Nostro Signore Iddio. Se Rita Borsellino perderà le elezioni primarie verranno accesi ceri nelle chiese di Catania, Palermo e Mussomeli (il paese di Totò Cardinale, per chi lo lo sapesse). Se dovesse vincere Rita Borsellino, infatti, Lombardo tornerebbe dalle sua galline a Grammichele, Pistorio tra le scartoffie della Asp di Catania, Totò Cardinale non riuscirebbe a garantire alla figlia almeno una seconda legislatura a Montecitorio, Cracolici rimetterebbe piede all’Inps, mentre Lumia resterebbe disoccupato. Che perdita che sarebbe per la Sicilia…

foto tratta da settemuse.it

Diogene Laerzio II

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