Maltempo: cosa ci aspetta nei prossimi due giorni Il ciclone, la battaglia dei venti e lo scudo dell’Etna

Oggi è stata una giornata di quiete dopo la tempesta, per dirla con Giacomo Leopardi. Il sereno, però, non torna ancora. Si è trattato, infatti, soltanto di una tregua temporanea e tutta l’area orientale dell’Isola dovrà ancora fare i conti con il maltempo già a partire da domani e poi anche fino a dopo domani. Non sarà un «uragano» – come lo ha impropriamente chiamato qualcuno – ma «un ciclone mediterraneo simil-tropicale», spiega a MeridioNews Daniele Ingemi, meteorologo dell’associazione meteo professionisti Ampro. E non sarà nemmeno il primo fenomeno di questo tipo che investe l’area del Mediterraneo: «Ce ne sono già stati molti altri in passato – spiega Ingemi per fare chiarezza – L’ultimo più intenso, che è stata un piccolo uragano, ha colpito Itaca e Corfù (in Grecia) nel settembre del 2020. Nel 2014, un fenomeno simile era passato a Sud della Sicilia, sopra Malta, risalendo la costa davanti a Catania». 

Le previsioni. Stando alle previsioni, domani mattina e fino al primo pomeriggio la situazione dovrebbe essere tranquilla. «Un progressivo aumento di nuvolosità e di piogge sparse – analizza il meteorologo – dovrebbe registrarsi tra il pomeriggio e la sera per poi peggiorare in tarda serata e nella notte spostandosi però, nella parte più a Sud di Catania e nell’area tra il Siracusano e il Ragusano». Venerdì, invece, dovrebbe essere la giornata più critica per il territorio etneo. Il condizionale è d’obbligo perché le previsioni dipendono da diversi fattori che è difficile stabilire con precisione troppe ore prima. 

Cosa accade. «Se la traiettoria si sposta in mare aperto – spiega Ingemi – il fenomeno sarà meno intenso. Se, invece, viene mantenuta, a causa dello spostamento che sarà molto lento, le precipitazioni anche di forte intensità persisteranno sulle zone ioniche per molte ore». Abbattendosi quindi sulle aree già colpite negli scorsi giorni dalle violente piogge che hanno provocato due morti (uno a Scordia e uno a Gravina di Catania) e una dispersa. Oltre ad frane, allagamenti ed esondazioni. «Condizioni di partenza dei terreni e dei corsi d’acqua che renderanno più critica la situazione – commenta il meteorologo – a cui si aggiungono forti venti di grecale che spireranno sempre dai quadranti orientali e mareggiate su tutta la costa ionica da Taormina a Capo Passero, con onde anche fino a cinque metri di altezza». 

Perché accade. Fenomeni meteorologici che si trasformano in emergenza ma che, in realtà, come sottolinea l’esperto, «sono tipici della stagione autunnale» anche se in Sicilia non capitano ogni anno. «Si tratta di una condizione legata all’isolamento di un vortice di bassa pressione che resta fermo nello stesso punto per più giorni perché – spiega Ingemi – ostacolata da un potente anticiclone che si trova sul Mediterraneo orientale, a sud dell’Isola, dove le acque sono ancora relativamente molto calde». In questo modo, il fenomeno si autoalimenta con il calore latente fornito dalla superficie del mare e genera questi sistemi temporaleschi. «Parliamo di temporali – puntualizza il meteorologo – che possono essere estesi anche per un centinaio di chilometri e che scaricano in pochissimo tempo una ingente quantità di acqua». E che quando colpiscono aree fortemente urbanizzate, provocano disastri come quelli registrati a Catania e in diversi territori della provincia etnea

La battaglia dei venti e lo scudo dell’Etna. Nell’alimentare questi temporali, un ruolo fondamentale è quello giocato dai venti, che nei prossimi giorni dovrebbero raggiungere anche velocità elevate. «Nel tratto di mare davanti a Catania – spiega l’esperto – c’è una linea di convergenza dei venti». Cioè due venti (il grecale e lo scirocco) che vengono da direzioni opposte, si scontrano e fanno salire verso l’alto l’aria umida che c’è sopra la superficie del mare raffreddandola. «A tutto ciò – aggiunge Ingemi – contribuisce anche l’Etna che fa da sbarramento alla velocità delle nuvole (alte anche fino a 13 chilometri, ossia più dell’Everest) che, stazionando nella stessa area, scaricano enormi quantità di acqua. Finché questa linea di convergenza dei venti non si sblocca (nel senso che uno dei due venti non prevale sull’altro, ndr) la condizione non migliora». A continuare ad alimentare la formazione dei rovesci temporaleschi, contribuisce anche quello che viene chiamato il fiume atmosferico. «Si tratta di correnti di  aria molto umida (ricca quindi di vapore acquo) provenienti da latitudini più basse, si è inserito all’interno della circolazione di bassa pressione che rimane bloccata tra il canale di Sicilia e il mar libico». 

La capacità di prevedere. Ciò che si deve evitare di fronte a fenomeni di questo tipo sono tanto gli allarmismi quanto le sottovalutazioni. «Ancora oggi – ammette il meteorologo – nonostante le moderne tecnologie e i modelli matematici, è difficile sapere 24 ore prima il punto esatto in cui si formerà il temporale. È solo il nowcasting (termine inglese che deriva dall’unione di now – adesso – e [fore]casting – previsione) che permette di vedere come si spostano le precipitazioni». In pratica, si tratta di un sistema di osservazione diretta e di monitoraggio in tempo reale delle immagini dei satelliti (che ormai sono centinaia e aggiornati ogni 15 minuti) e dei radar (quello di Catania si trova all’aeroporto). «Questo consente di avere delle previsioni esatte a breve termine (da momento in cui vengono fatte fino alle due ore successive), anche perché – conclude Ingemi – questi fenomeni hanno un’evoluzione molto rapida: si possono formare in trenta minuti, dissolversi dopo un’ora e poi rigenerarsi». 

Marta Silvestre

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