«Se lo avessimo saputo che tu facevi questi lavoretti, diciamo che qualche cento euro te li avremmo fatti guadagnare, no che l’ultima volta gli abbiamo dato trecento euro…al viale Strasburgo». Se Sergio Macaluso, uno dei componenti della cosiddetta triade collegiale per gli inquirenti a capo della famiglia mafiosa di Resuttana, avesse saputo prima che il 25enne Antonino Catanzaro era disposto a fornire il proprio contributo per incendiare automobili, saracinesche e garage, non ci avrebbe pensato due volte ad affidargli qualche delicato incarico, magari risparmiando anche. Come i trecento euro dati a quel «picciotto di Ciaculli» per dare fuoco a una nota azienda di pneumatici. L’altro, invece, «u picciuttriaddu», il coraggio ce l’ha, a sentire parlare Lorenzo Crivello e Macaluso, intercettati mentre ne elogiano il talento il 14 agosto 2015, chiusi nel cuore della notte dentro a una Seat Ibiza insieme a Corrado Spataro.
«Tienilo per noi altri che le abbiamo quattro cosuzze anche più piccoline…colla, cose, dove gli possiamo fare vuscare qualche cento euro, senza farlo ‘nfricchiare con nessuno, teniamocelo sistemato per noi, che tra San Lorenzo e Resuttana, Arenella, Acquasanta diciamo che ne abbiamo da incucchiare», insiste Macaluso. Il giovane, insomma, promette bene, ma si trova agli arresti domiciliari. Ma nessun problema, dovrebbe finire di scontare la pena nel giro di qualche mese. E Macaluso, stavolta, vuole essere sicuro di avere per sé l’impegno criminale del ragazzo. L’importante è «che non ci fai fare mala fiura, Tonì», si raccomanda Crivello, «che ormai i più hanno fatto fare male fiure». Lo incalza anche Macaluso, che profila al 25enne giornate fatte di molto tempo libero e soldi facili: «Così esci, hai la libertà, eh…basta che ti stai sistemato che noi altri ora ti sbittamu – lo mettono, cioè, alla prova – invece di andare correndo qua e là. Scusami, ti vuschi tu quattro soldi».
Ma che Antonino Catanzaro si presti o meno, importa fino a un certo punto. Un uomo solo, a fronte di altri cento che sono finiti in manette con l’operazione precedente, non può certo bastare per mandare avanti le sorti di un mandamento come quello di Resuttana. Servono molti più uomini e una certa esperienza. Tra i presunti sodali, però, c’è chi riesce a essere ottimista. Come Spataro: «Tu ne puoi trovare quanti ne vuoi picciotti corna dure», dice per tranquillizzare Macaluso, deluso dalla maggior parte delle nuove leve. Ma un paio di cose sono ormai assodate e vanno assunte come assiomi a cui obbedire sempre: ingaggiare persone originarie del luogo per garantire una migliore gestione di certe attività ed evitare atti eclatanti. E se qualcuno sbaglia, occore farglielo capire.
È quello che Macaluso fa con Vicè: «Vediamo se lo dobbiamo lasciare due o tre giorni, così lui dice “minchia, mi hanno posteggiato!”. Lo deve capire che cosa ha fatto a noi altri non è piaciuto completamente, non è che lui si può permettere di babbiare con i culi degli altri!». È d’accordo soprattutto Crivello. Non è una questione di spaventarsi della galera, semplicemente uno «deve cercare di non andarci a scuppare». Insomma, se ti prendono, pazienza. «Ma a minchia no». «Se ci spaventeremmo ci staremmo a casa!», gli fa eco sempre Macaluso. L’ideale è, appunto, ingaggiare gente del posto, che conosca già tutti e tutto, che sappia come muoversi, dove mettere le mani. Qualcuno, per questo, in grado di evitare liti e discussioni, specie quelle più violente. Qualcuno che non porti guai.
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