Un anno e sei mesi per l’ex deputato dell’Udc, nonchè ex cuffariano, Nino Dina: così la sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo ha disposto la sorveglianza speciale. Una misura che, secondo la Procura del capoluogo, sarebbe necessaria per via della presunta «pericolosità sociale» dello stesso Dina che lo scorso settembre si era in ogni caso dimesso dall’Assemblea Regionale Siciliana, in concomitanza con la decisione del collegio.
Il nome dell’ex parlamentare era emerso anche nella cosiddetta indagine sulle talpe alla Direzione Distrettuale Antimafia, che poi ha portato alla condanna dell’ex presidente Totò Cuffaro a sette anni per favoreggiamento aggravato. Quest’ultimo avrebbe sollecitato l’ex deputato ad ottenere informazioni sul tariffario regionale che prevedeva i rimborsi in convenzione col servizio sanitario nazionali. Dina, all’epoca in commissione Sanità, avrebbe dunque agevolato il manager della sanità Michele Aiello, il re delle cliniche e prestanome del boss Bernardo Provenzano, coimputato di Cuffaro e condannato a 14 anni per mafia.
«Siamo rimasti sorpresi del provvedimento» hanno dichiarato i legali di Dina, gli avvocati Giovanni Di Benedetto e Marcello Montalbano. «Ovviamente lo impugneremo nella convinzione che non sussistano i presupposti per l’applicazione di alcuna misura di prevenzione nei riguardi dell’onorevole Dina. Lo stesso tribunale, infatti, valorizza essenzialmente fatti assai risalenti nel tempo, addirittura datati al 2003, e accertando al tempo stesso la insussistenza di concreti favori resi al sodalizio».
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