Beni per un valore di 500mila euro sono stati sequestrati agli eredi del vecchio boss di Mazara del Vallo Mariano Agate, deceduto nel 2013. Il provvedimento è stato disposto dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Trapani, su proposta del direttore della Dia. Tra i beni sottoposti a sequestro, una villetta che insiste nel villaggio turistico Kartibubbo a Torretta Granitola, nel territorio di Campobello di Mazara e un elegante appartamento a Mazzara del Vallo.
La villetta di Kartibubbo sarebbe stato un dono ricevuto da Agate negli anni ’70 dal faccendiere mafioso Vito Roberto Palazzolo a conclusione dell’operazione immobiliare gestita da Cosa nostra di Mazara del Vallo che portò al passaggio di proprietà del complesso turistico da investitori stranieri al costruttore di Monreale Calcedonio Di Giovanni. L’immobile non è mai stato intestato ad alcun componente della famiglia Agate, ma quando, nel 2014, gli uomini della Dia di Trapani fecero irruzione nel villaggio turistico di Kartibubbo, vi trovarono all’interno, a trascorrere le vacanze, alcuni ospiti dei figli di Mariano Agate che riferirono di aver sempre utilizzato quella villa senza aver mai saputo chi fosse il proprietario formale dell’immobile e senza aver mai pagato le utenze elettriche e idriche. L’appartamento di Mazara del Vallo sarebbe invece stato acquistato dalla figlia del boss, utilizzando i lauti stipendi che le venivano elargiti, a fronte di una vaga attività di collaborazione, dalla Calcestruzzi Mazara spa, oggi definitivamente confiscata e simbolo del potere di Agate.
Detto anche il papetto, Agate è stato uno dei più pericolosi boss mafiosi siciliani, condannato per traffico illecito di stupefacenti, per associazione mafiosa, per diversi omicidi, alcuni dei quali eccellenti tra cui la strage di Capaci. Nel 1985 venne condannato all’ergastolo per sette omicidi, tra cui quello del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto e il sindaco di Castelvetrano Vito Lipari, per il quale fu poi assolto in Cassazione nel 1993.
Ritenuto dagli investigatori uno dei punti di riferimento delle cosche in provincia di Trapani e legato ai corleonesi, Agate si prodigò per garantire proprio nel territorio di Mazara la latitanza di Totò Riina, al quale venne fornito supporto logistico oltre che falsi documenti d’identità facenti capo all’agricoltore Giuseppe Bellomo, cugino di Agate. Di lui ha parlato anche il collaboratore di giustiziaSalvatore Contorno che lo ha indicato al vertice del traffico internazionale di stupefacenti negli anni ’70. Secondo le dichiarazioni di Contorno, era Agate a gestire la raffineria di eroina nei pressi di Mazara del Vallo, in collegamento con il mafioso Francesco Mafara (legato al boss Stefano Bontate), che inoltrava la droga negli Stati Uniti.
Arrestato nel 1990, il boss mazarese nel 2004 nonostante fosse sottoposto al regime del 41 bis, venne coinvolto in un indagine. Per gli investigatori, sarebbe riuscito a veicolare messaggi indirizzati al figlio Epifanio. Scarcerato nel 2013 per gravi problemi di salute, è morto il 3 aprile dello scorso anno all’età di 73 anni. Il suo nome figura anche negli elenchi della loggia massonica Iside 2.
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